Analisi preventiva, pianificazione e progettazione
Fase 1: la misurazione del digital divide. Per una valutazione globale delle territorio la misurazione deve prevedere indicatori chiari e valutabili oggettivamente: il livello di copertura della banda larga (sia dei servizi su rete fissa che wireless) e la natura dei relativi vincoli.
Fase 2: pianificazione. Comprende 3 sotto fasi e indica su cosa e dove intervenire. La prima sottofase definisce gli obiettivi: quanta banda garantire a quanta popolazione ed entro quanto tempo. La seconda prescrive la collaborazione tra gli operatori, che devono condividere reciproci piani di sviluppo, logiche di investimento e dati statistici inerenti la percentuale di copertura del territorio. Nell’ultima sotto fase gli operatori devono individuare 3 aree:
- area di mercato (gli operatori investono autonomamente)
- area di incentivazione (gli operatori necessitano di incentivi per investire)
- area di intervento pubblico diretto
Alla fine avremo una segmentazione del territorio con i vari comuni dislocati nelle sopracitate aree.
Fase 3: La progettazione. È necessario individuare modelli di intervento per orientare le scelte delle varie amministrazioni creando eventuali adattamenti se la situazione locale lo richiede. la suddivisione proposta viene fatta in base al livello di sussidiarietà rispetto al mercato, seguendo 4 modelli.
- Protocollo di intesa. Come dice la parola si tratta di concordare ruoli e impegni su obiettivi quali l’annullamento digital divide infrastrutturale, la complementarietà dei piani di investimento, monitoraggio e condivisione di ruoli e operatività.
- Modello scozzese. Prevede da parte della PA un finanziamento, tramite bando pubblico, agli operatori nelle zone ove il mercato non consente di investire e pertanto necessita di incentivi. Le condizioni che ne determinano l’attivazione sono la presenza di imprese e famiglie potenziali utenti dei servizi e una delimitazione territoriale circoscritta. Per evitare incentivi immotivati l’amministrazione dovrà sviluppare adeguato monitoraggio per analizzare l’evoluzione del mercato, anche richiedendo una contabilità separata all’operatore con verifica per alcuni anni. Tale modello ha avuto finora applicazione nelle Regioni Sardegna e Toscana.
- Infrastruttura pubblica di Backaul a disposizione degli operatori. La PA realizza l’infrastruttura (caviodotto e fibra spenta) e poi la affitta agli operatori. Anche qui la scelta avviene tramite bando pubblico ed è necessaria una costante attività di monitoraggio e verifica da parte dell’amministrazione. Il modello è stato finora adottato da Infratel Italia per collegare in fibra ottica alcune centrali di Telecom Italia.
- Infrastruttura pubblica di accesso e affidamento in gestione ad un operatore. È applicato nelle aree più marginali dove il privato non prevede nessun margine di guadagno per un investimento. Se la concertazione è stata efficace l’onere pubblico dovrebbe prevedere poi la presenza di gestori che effettuino la manutenzione della rete e il servizio deve essere rivolto a tutti senza discriminazione. L’osservatorio sconsiglia alle PA una gestione diretta e propone l’attuazione di questo modello dopo accurata analisi di inapplicabilità di altri a maggior cogestione pubblico-privato.