Saper ascoltare, oltre a permetterci di raccogliere informazioni preziose, ci consente di “preparare bene il terreno” del rapporto con l’altro, stimolando nella nostra controparte un atteggiamento di simpatia e collaborazione verso di noi. Senza questo atteggiamento difficilmente riusciamo ad ottenere ciò che desideriamo da qualcuno. E ciò non riguarda solo il contesto lavorativo, ovviamente: saper ascoltare può migliorare decisamente la qualità di una relazione di coppia, di una dinamica genitori-figli o di un vincolo amicale. Nell’ambito lavorativo, poi, i vantaggi sono particolarmente evidenti in quei contesti in cui è di fondamentale importanza stabilire un rapporto collaborativo con l’altro: il manager e il venditore debbono assolutamente saper ascoltare!
La modalità di ascolto più efficace è quella definita come ascolto attivo, o anche, più specificamente, ascolto attivo empatico. Nell’ascolto attivo empatico non ci si limita ad ascoltare, e neanche a comprendere bene cosa l’altro ci ha detto, ma gli si fornisce del feedback, facendogli intendere che si è realmente ascoltato e compreso ciò che ha cercato di dirci. In questo modo si soddisfa una delle esigenze più importanti (a parte quelle fisiologiche) dell’essere umano: quella dell’attenzione altrui, e dell’altrui comprensione, per l’appunto.
In cosa consiste, in sintesi, l’ascolto attivo empatico? Come essere efficaci? Ecco alcuni semplici consigli:
- mentre l’altro parla, stare zitti – lasciare che l’altro esprima fino in fondo ciò che vuole dire, senza interruzioni;
- “ascoltare” non solo le parole, ma anche come vengono dette – il linguaggio paraverbale e quello non-verbale, come tutti sappiamo, rivestono una grande importanza nella comunicazione e, tra le altre cose, servono a sottolineare ciò che si dice; prestare attenzione a come vengono intonate le parole, a come vengono accompagnate dalla gestualità del corpo, ci serve ad ottenere indicazioni su ciò che realmente l’altro vuole comunicarci;
- mostrare partecipazione – lasciare intendere all’altro che ciò che ci sta dicendo c’interessa per davvero, ed invogliarlo, implicitamente (nel modo attento con cui ascoltiamo) ed esplicitamente (invitandolo ad approfondire e chiarire) a continuare;
- di tanto in tanto riassumere ciò che l’altro dice – dare conferma della nostra attenzione, riformulando in breve ciò che l’altro, secondo noi, sta cercando di dire;
- non giudicare – desiderio di comprensione non vuol dire desiderio di essere giudicati!
Da una parte, dunque, dobbiamo sforzarci di capire ciò che l’altro vuole dirci davvero (infatti, a prestare ben attenzione a ciò che gli altri ci dicono, ci rendiamo conto che il loro messaggio non è sempre così evidente, né tantomeno coincide sempre con ciò che abbiamo supposto in un primo momento); dall’altra, dobbiamo far sentire il nostro interlocutore libero di parlare a suo piacimento, dimostrandogli chiaramente, nel contempo, il nostro interesse per ciò che dice, e la nostra partecipazione (sempre senza esprimere giudizi e valutazioni, però!) per ciò che prova.