Quando si parla dell’assetto di un’azienda, si è soliti distinguere tre strutture organizzative: quella plurifunzionale, quella multidivisionale, quella a matrice. Questa classificazione, basata sul criterio di divisione del lavoro direttivo, non è l’unica presente in dottrina. Un contributo rilevante, ad esempio, è quello di Mintzberg che parla non di strutture organizzative, bensì di configurazioni organizzative. La diversa denominazione trova giustificazione nel fatto che l’autore prende in esame, nel definire la macro-struttura di un’azienda, non solo le variabili strutturali, ma anche variabili non strutturali.
Mintzberg individua cinque tipi di configurazioni: la struttura semplice, la burocrazia meccanica, la burocrazia professionale, la soluzione divisionale, l’adhocraciza. Tali configurazioni si differenziano, l’una dall’altra, soprattutto per i diversi organi che assumono un’importanza fondamentale al loro interno, per i diversi criteri di coordinamento e per altri caratteri organizzativi quali specializzazione dei compiti, formazione, formalizzazione dei comportamenti, ampiezza del controllo, sistema di pianificazione e controllo adottato, decentramento, meccanismi di collegamento, modalità di raggruppamento.
Tuttavia Mintzberg sottolinea come «le organizzazioni reali sono di gran lunga più complesse di ciascuna di queste configurazioni: le configurazioni rappresentano una teoria e ogni teoria necessariamente semplifica e quindi distorce la realtà».
Pertanto, le configurazioni esaminate devono essere considerate dei tipi puri: nella pratica, però, è facile notare che le forme assunte dalle organizzazioni non coincidono mai pienamente con una di esse, ma si avvicinano maggiormente all’una o all’altra.
Secondo Mintzberg non esiste una forma organizzativa valida a priori. Un’organizzazione è efficace, se si verificano due condizioni:
- gli elementi dell’organizzazione (come divisione del lavoro, coordinamento, raggruppamento delle posizioni di lavoro, decentramento, sistema di pianificazione e controllo, dimensioni delle unità organizzative) sono coerenti tra loro. Si parla, in questo caso, di coerenza interna;
- gli elementi dell’organizzazione sono coerenti con fattori contingenti. Questi ultimi non sono altro che alcuni elementi che contraddistinguono la situazione dell’impresa o dell’ambiente in cui essa opera, come l’età dell’azienda, la sua dimensione, il sistema tecnico adottato, l’ambiente di riferimento, il sistema di potere.
Per questa ragione il modello elaborato dal Mintzberg viene denominato modello della duplice coerenza.