«Guarda un nuovo negozio. Fino a qualche tempo fa non c’era: nascono proprio come i funghi». Sì, ma altrettanto velocemente spariscono. Sono i temporary shop, i negozi temporanei, detti anche pop-up store ovvero negozi aperti all’improvviso che sembrano spuntare all’improvviso dal nulla.
«Sulla vetrina c’è pure un countdown che indica i giorni, le ore e persino i minuti che resterà ancora aperto. Allora dobbiamo sbrigarci ad entrarci». Certo, perché i temporary shop possono restare aperti da pochi giorni, ad un mese, massimo due. E il meccanismo che innescano nei potenziali clienti è proprio questo: affrettarsi per non perdere l’occasione, perché il negozio chiuderà e non riaprirà più.
La paura di non riuscire a cogliere l’opportunità, di perdere un evento irripetibile, può spingere all’acquisto senza pensare troppo se il prodotto che stiamo comprando ci serve realmente. Se a questo aggiungiamo che, come quando si è assistito a qualcosa di unico ed irripetibile, il giorno dopo lo si racconta ad amici e colleghi, ecco che si crea un effetto tam-tam e il gioco è fatto. Il temporary shop ha raggiunto il suo obiettivo: stimolare la curiosità inducendo a visitare il negozio prima che sia troppo tardi, perché l’evento finirà presto.
Così viene completamente rivoluzionata l’idea che per incrementare le vendite è fondamentale creare relazioni stabili con la clientela.
Nato nel 2003 in Gran Bretagna, il fenomeno si è poi diffuso negli Stati Uniti e, dal 2007, anche in Italia. Prendiamo un marchio noto sul mercato; una ubicazione particolare, originale, alla moda (gallerie d’arte, loft abbandonati, centri commerciali, ma anche zone di villeggiatura); una rete di contatti che permetta di far conoscere l’idea alle persone giuste (public relations, opinion leaders, ecc..); un’atmosfera particolare, ospitale, avvolgente; dei prodotti nuovi creati ad hoc per l’occasione magari con una produzione limitata o la possibilità di provare un prodotto o di usufruire di un servizio di consulenza gratuito: gli ingredienti giusti per il successo ci sono tutti.
I marchi che sfruttano questa idea sono sempre di più: Nivea, Reebok, Levi’s, Saeco, sono solo alcune delle aziende che hanno aperto un temporary shop.
Dato che l’idea funziona è stata copiata da più parti. Ad esempio nell’e-commerce con i web temporary store, ma anche nel settore della ristorazione dove iniziano a nascere i primi temporary restaurant che prevedono un menù diverso ogni sera, o affiancano alla degustazione dei piatti la possibilità di seguire corsi di cucina, o ancora associano la cucina con i giochi della Nintendo.