Ad un recente convegno IAB su news e social media, sono emersi dati molto interessanti sulle modalità di comunicazione più efficaci per chi deve vendere, non solo online. Delle dieci forme di pubblicità ritenute più affidabili da parte dei consumatori, la prima è rappresentata dal passaparola (per il 90% degli intervistati), la seconda dai commenti lasciati da utenti online (per il 70% a livello globale, per l’80% in Italia).
Nello stesso convegno è emerso inoltre – e con lampante evidenza – come i social media stiano rappresentando la nuova killer application del Web avvicinando ad esso, e costituendone motivo pressoché esclusivo di frequentazione, nuovi strati di popolazione incidendo sostanzialmente sul tempo speso in Rete dove è sempre più possibile comunicare, esprimersi, divertirsi, ma anche – e soprattutto – reperire e condividere informazioni.
In questa prospettiva, l’attivare iniziative di viralità, di passaparola, di incentivazione alla condivisione di “recommendations” diventa centrale per qualunque strategia di web-marketing ed in particolare per chi cerca nell’utente un consenso non solo stabile, capace di tradursi in acquisto di impulso, ma anche in grado di moltiplicare i contatti e costruire reputation per la propria presenza online.
Oltre a ciò, è chiaro che i cambiamenti di Twitter (che ha posto in maggiore evidenza la funzionalità di retweet ) e di Facebook (che, con la sostituzione del “I like” al “diventa fan”, punta ad amplificare la sua efficacia sul fronte della viralità) stanno costituendo strumenti imprescindibili ed ai quali bisogna prestare la massima attenzione tanto quanto, fino a poco tempo fa, occorre prestare al SEO ed al SEM. Non foss’altro perché anche altre piattaforme, Youtube su tutte, hanno esse stesse evidenziato il pulsante di Facebook rendendo ancora più diffusa questa funzionalità ed accrescendone l’importanza.
Tale necessaria attenzione evidentemente ha però un carattere decisamente meno tecnico, ma più comunicativo rispetto al marketing sui motori di rierca ed una valenza che deve essere in grado di incrociare un’utenza, la quale non deve essere raggiunta da un linguaggio pubblicitario e men che meno commerciale (neanche per i motori è così), ma comunque capace di terminare in una call-to-action chiara grazie ad un uso sapiente del content marketing (ciascuna organizzazione è infatti produttrice di contenuti tutti da valorizzare) e ad alla brillante sottolineatura della reason why di un acquisto, sia che questo sia costituito da un vantaggio in termini di costi e tempi di spedizione, sia che siano in gioco delle promozioni, delle novità di prodotto o anche una semplice temporaneità dell’offerta.
Il passaparola pertanto, attivato con creatività e disperso con intelligenza sulla Rete (il cosiddetto “seeding”), deve poi però fare i conti con le richieste pre-vendita che arriveranno sulla propria fan-page e dovrà quindi saper veicolare energie interne all’organizzazione per fronteggiare con successo questa sfida di customer care da gestire sempre con competenza, tempestività e cortesia.
In attesa che si diffondano anche in Italia piattaforme come Shopstyle e Kaboodle, occorre pertanto partire da Twitter e Facebook (e, se si ha una distribuzione locale, si può cominciare a pensare a Foursquare) e, se si opera nel turismo, da Tripadvisor ed altre community, e creare sinergie fra la propria pagina-fan, i profili personali che si vogliono utilizzare per disperdere nei contesti rilevanti (fan page affini, Yahoo Answers, siti verticali, …) il passaparola ed il proprio sito in un circuito virtuoso che ben abbia chiaro come la Rete serva non solo per moltiplicare i contatti generabili, ma anche per capitalizzarli all’interno di una relazione che abbia nel brand un chiaro posizionamento e nell’offerta una proposizione di valore competitiva e sostenibile.