Una forma di marketing che, negli ultimi tempi sta crescendo in maniera esponenziale, è quella realizzata attraverso l’uso dei social network, Twitter e Facebook in particolare.
L’elemento che ha reso possibile la trasformazione di questi strumenti in veri e propri bazar virtuali sui quali le aziende fanno sempre più affidamento è, in primis, la potenzialità del passaparola e la costante condivisione delle informazioni tra gli utenti.
Le prime ad aver capito l’efficacia di questo meccanismo sono state, soprattutto, le piccole aziende che, non avendo capitali da investire, si sono rivolte alla Rete attratte dalla grande quantità di possibili acquirenti e dall’enorme visibilità offerta a costi quasi nulli rispetto a quelli delle tradizionali campagne pubblicitarie.
È ormai un dato di fatto appurato che i giovani, prima di decidere cosa comprare, si rivolgono in prima battuta ai social network.
Il fenomeno viene spiegato in maniera emblematica a Usa Today da Charlene Li, fondatore della società di consulenza Altimeter Group, che afferma: «Se tu azienda non ci sei, non li raggiungerai». In altre parole, se si cercano dei teenager cui vendere un determinato prodotto, non si potranno trovare in un circolo o in una balera.
È ovvio che, date queste premesse, le aziende si organizzino di conseguenza. Negli Stati Uniti, ad esempio, non c’è praticamente nessun marchio che, in una maniera o nell’altra ha a che fare con i giovani, che non abbia intrapreso iniziative di diverso genere sui social network.
Da J. C. Penney, il quale ha aperto un canale su Facebook dove i ragazzi possono esprimersi liberamente riguardo le nuove collezioni, fino alla Nike che permette a qualsiasi persona di personalizzare un paio di scarpe usando uno smartphone e condividere poi il risultato ottenuto su Facebook.
Oggi quasi tutte le marche offrono la possibilità di acquistare i prodotti sui loro siti ufficiali. Comincia così a prendere forma un nuovo fenomeno migratorio: si va nel negozio per provare e poi davanti al computer per acquistare. Il commercio del futuro, in sostanza, si colloca nei cosiddetti ‘non-luoghi’ del virtuale dalle immende potenzialità economiche.
Tanto per avere un’idea delle dimensioni del fenomeno, basta pensare al caso di Curtis Kimball, un normale venditore ambulante, specializzato nella vendita di crème brûlée con un carretto su ruote a San Francisco. Un bel giorno, seguendo la moda del momento, si è iscritto su Twitter, e da lì è iniziata la sua fortuna.
In pochissimo tempo ha accumulato 5.400 followers ai quali comunica, con un semplice click e un cambiamento di status, dove potranno trovare il banchetto itinerante e le sue specialità del giorno.
In un’intervista al New York Times ha dichiarato: «Mi piacerebbe poter dire di aver avuto un’idea e una strategia molto buone ma la verità è che Twitter è stato essenziale nel mio successo». Alla faccia della sincerità.