Di remunerazione dei manager in tempi di crisi si discute sempre più frequentemente. Al fine di fornire un proprio contributo al contrasto delle pratiche poco virtuose in merito alle politiche di compensation del top management delle compagnie controllate, anche il Tesoro ha scelto di rompere gli indugi.
Il rappresentante del Tesoro all’assemblea del gruppo Enel, di cui lo Stato detiene il 31,24% ha infatti raccomandato al consiglio di amministrazione di “adottare politiche ispirate al massimo rigore ed al contenimento nella determinazione delle remunerazioni” degli amministratori e dei manager.
Sotto la lente di ingrandimento sono soprattutto i compensi dell’amministratore delegato, Fulvio Conti, del presidente del consiglio di amministrazione Andrea Colombo, e dell’ex presidente Piero Gnudi (oggi ministro del Turismo) che rispettivamente hanno ricevuto emolumenti pari a 4,23 milioni di euro, di 923mila di euro e di poco più di un milione di euro. Il compenso del CEO è in particolar modo cresciuto di 9 punti percentuali nel 2011, dopo 5 anni in cui era rimasto invariato, mentre a Gnudi sarebbe stato riconosciuto un compenso anche per il periodo di assenza dall’incarico, “per il ruolo di grandissimo leader da lui svolto in tanti anni”.
Compensi certamente non irrilevanti che tuttavia Fernando Napolitano – presidente del comitato remunerazioni del gruppo – ha precisato esser “al di sotto della media” dei principali concorrenti italiani ed esteri. Una precisazione veritiera, che tuttavia non dovrebbe spegnere le facili polemiche in merito alle super remunerazioni di alcuni manager italiani in tempi di difficoltà congiunturali più che evidenti.
Ad ogni modo, Enel ha formalmente precisato che “terrà ovviamente in considerazione il rigore auspicato dal ministero”, con il Tesoro che nel 2011 ha incassato dividendi per 763 milioni di euro contro gli 822 milioni di euro del 2010, a causa della riduzione della cedola dai precedenti 0,28 euro per azione ai recenti 0,26 euro per azione. Il calo dei dividendi è a sua volta giustificato dai minori utili della società (-5,5 punti percentuali a 4,14 miliardi di euro), nonostante una crescita del giro d’affari di 8,4 punti percentuali a 79,5 miliardi di euro. A pesare è stato soprattutto l’impatto negativo della Robin Tax, senza la quale – dichiara l’amministratore delegato Fulvio Conti – l’utile netto sarebbe stato in linea con il precedente 2010.
Per quanto concerne il 2012, vengono confermati tutti gli obiettivi, con utili in incremento di 6 punti percentuali l’anno dal 2013. Si attendono buoni risultati dalla strada della diversificazione del fatturato, ottenibile mediante una maggiore concentrazione sui mercati emergenti.