La crisi si combatte con i micro lavori

di Assunta Corbo

25 Luglio 2012 14:00

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Il fenomeno dei Gigs ha conquistato gli Usa: micro lavori a tempo che sommati consentono di guadagnare di che vivere; mentre in Italia...

“Gig” è la parola chiave della nuova economia. Letteralmente lavoro a tempo, di brevissima durata. Negli Stati Uniti è un vero e proprio fenomeno che sta cambiando il profilo lavorativo di molti giovani e non solo. Giusto per dare un’idea: si può guadagnare realizzando un logo per un’azienda o rispondere a dieci domande su una destinazione.

Ma si possono anche dare consigli turistici via Skype o impegnarsi per spedire cartoline da Roma e da Città del Vaticano. La tariffa fissa per questi micro lavori è di 5 dollari. É così che funziona Fiverr.com il più popolare fra i micro freelance marketplace, ovvero siti web dove postare annunci tanto per proporsi come lavoratori estemporanei, quanto per richiedere singole prestazioni lavorative. Alla base c’è il concetto di skill, cioè la particolare abilità, competenza, capacità, che ci rende idonei a mettere in atto quella particolare prestazione. Servizi simili a quello offerto da Fiverr.com si trovano su Gigbucks.com, Microworkers.com, Peopleperhour.com, o anche sullo spagnolo Myntmarket.com, o perfino su Twitter, utilizzando come chiave di ricerca i tag #gigs4u e #gigs.

Già nel 2009, negli Stati Uniti, Tina Brown – popolare editorialista nota, fra l’altro, per essere l’autrice di “The Diana Chronicle”, biografia della Principessa del Galles  –  su The Daily Beast, magazine on line fondato da lei stessa e da Barry Charles Diller, responsabile media della Fox Broadcasting Company  –  scriveva che nessuno dei suoi amici aveva più un vero lavoro, ma soltanto una somma di gig che contribuivano a raggiungere quel pareggio di bilancio personale e familiare definito scherzosamente “The Nut”.

La Brown individuava come gig tutti quei lavori temporanei, quei progetti, quelle consulenze, quelle prestazioni da freelance che, messe insieme, davano un reddito annuale che consentiva non solo una dignitosa sussistenza, ma anche un più che decoroso stile di vita. Incuriosita da quanto osservava nello stile di vita della sua cerchia di amici, tramite il Daily Beast aveva commissionato un sondaggio: già allora un terzo dei lavoratori si manteneva grazie alle gig. Abbastanza per coniare il termine “Gigonomics“, l’economia fondata sulle gig.

Con l’avanzare della crisi economica e del conseguente ridimensionamento delle economie dei paesi a sviluppo avanzato, quell’insieme di lavori precari, consulenze, progetti  si sono trasformati in prestazioni uniche, orarie, episodiche, one to one, frutto dell’incontro del datore di lavoro e del lavoratore stesso su siti come Fiverr.com: il mercato del microjob.

Cosa accade in Italia? Al momento stanno provando ad assaggiare la Gigonomics attraverso la rete ma presto bisognerà fare i conti seriamente con questo nuovo fenomeno economico.