In cescita i compensi dei top manager alla guida delle 100 maggiori aziende quotate alla Borsa di Londra, che secondo l’Income Data Services hanno toccato una media pro capite di 4 milioni di sterline, pari a poco meno di 5 milioni di euro.
I dati di questa organizzazione britannica, specializzata nel raccogliere dati nel campo del lavoro e dell’occupazione, indicano anche che quanto percepito da questi 100 leader aziendali è aumentato del 27% negli ultimi 12 mesi, percentuale che in realtà è correlata con l’andamento del valore delle quotazioni delle rispettive società. Per la precisione, si tratta di incentivi a lungo termine legati al proprio operato di CEO e quindi svincolati dalla quota fissa del loro guadagno rappresentata da stipendio e bonus e, proprio questo, meno “disdicevole” secondo l’opinione pubblica britannica.
Alcuni mesi fa, infatti, aveva suscitato scalpore e riprovazione, in un momento di crisi generale, il fatto che alcuni premi monetari percepiti dai top manager di aziende quotate fosse svincolato dall’andamento in Borsa dell’azienda guidata. A inizio 2011, addirittura, il premier David Cameron aveva chiesto “moderazione” alle banche operanti del regno di Sua Maestà nel concedere premi extra ai propri manager.
I numeri resi noti da Income Data Services mostrano anche che se negli ultimi 12 mesi gli incentivi dei 100 top manager – come detto – sono aumentati del 27%, il salario medio (ossia la parte fissa per eccellenza) è cresciuto proporzionalmente all’inflazione mentre i bonus sono leggermente diminuiti. Gli analisti ricordano che tale percentuale è elevata perché il valore di partenza delle azioni delle top 100 aziende – anno 2008 – era sceso ai minimi storici.
In alcuni casi, infine, è possibile che il CEO ottenga un aumento degli incentivi anche se la propria azienda perde di valore, purché i risultati delle società concorrenti siano scesi ancora di più. E in economia, chi perde di meno è come se guadagnasse.