Potrebbe essere in dirittura d’arrivo l’accordo “Rubik” tra Italia e Svizzera, in base al quale il governo di Berna si impegnerebbe a versare alle casse dello Stato italiano un’imposta il cui ammontare è da definire, in riferimento ai patrimoni che i cittadini italiani hanno in banche elvetiche. L’accordo prevede anche un prelievo futuro.
In particolare, un accordo definitivo potrebbe arrivare entro il 21 dicembre e ricalcare quanto già sottoscritto da Austria, Regno Unito e Germania nell’ottica di bloccare – o per lo meno di frenare – l’evasione fiscale dei cittadini italiani che portano in Svizzera i propri soldi. Questa misura, tra l’altro, segue i patti firmati in sede comunitaria tra Buxelles e Berna in tema di controlli sulle tasse.
Su questo argomento, le autorità Ue puntano a facilitare lo scambio di informazioni tra le autorità dei vari Paesi, monitorando quanto fattura una società all’estero. Ciascun governo dovrebbe raccogliere dati sugli stranieri e metterli a disposizione di Paesi terzi. Secondo una stima degli analisti, gli italiani avrebbero depositato illecitamente negli istituti di credito della Confederazione una somma compresa tra i 120 e i 150 miliardi di euro, che in futuro potrebbero valere una cifra di 20-30 miliardi che finirebbero direttamente nelle casse dello Stato.
Che cosa cambierà questo accordo? Un cittadino italiano che ha un conto corrente e attività finanziarie in Svizzera – e che volesse regolarizzare le somme non dichiarate – potrà farlo pagando un’aliquota del 20%, che è uguale a quella che si paga per le somme possedute in Italia. A questo si aggiungerebbe un ulteriore 10-15% come prezzo da pagare per il mantenimento dell’anonimato garantito dalle banche svizzere per il servizio. Il governo italiano, nel frattempo, ha ricordato che chi ha una somma di denaro detenuta all’estero in maneira illecita potrebbe dover pagare una sanzione massima pari al 480%.
Intanto il ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, ha sottolineato che qualunque accordo tra Italia e Svizzera non avrà forma di condono o di aministia di un reato. “Non credo che riusciremo ad arrivare a un accordo entro fine anno – ha detto – visto che ci sono ancora problemi in termini di trasparenza, scambio di informazioni e normativa anti-riciclaggio“.
L’accordo già siglato con la Germania, che attende il via libera del Parlamento di Berlino, prevede che i capitali già detenuti in Svizzera siano tassati per una quota compresa tra il 21% e il 41%. A questo si aggiunge un’aliquota del 26% sui redditi e sugli utili da capitale per il futuro.