I commercialisti e i consulenti del lavoro sono esonerati, come gli avvocati, per quanto riguarda la nomina del DPO?
In linea di massima sì: in entrambi i casi vale la regola secondo cui l’obbligo scatta solo se si trattano dati personali su larga scala. Il singolo professionista non ha obblighi stringenti in materia di DPO (Data Protection Officer) e nemmeno lo studio associato.
Starà però al titolare del trattamento o al suo rappresentante la decisione definitiva, in base al principio, stabilito dal GDPR, della responsabilizzazione (accountability): per cui, ogni singola realtà valuta e stabilisce le proprie policy in base all’utilizzo che fa dei dati.
La precisazione è contenuta nei vademecum forniti dai relativi ordini professionali (consulenti del lavoro e commercialisti), pubblicati sui rispettivi siti.
Dunque, nessun obbligo. Attenzione, però: il criterio è, appunto, quello della larga scala, e il motivo per cui non è previsto l’obbligo di nominare il responsabile del trattamento dei dati per gli studi dei professionisti è che, in genere, per quanto rilevanti siano i dati trattati, non c’è la massa critica necessaria per far entrare in vigore l’obbligo.
Se le dimensioni dello studio sono tali da far ritenere che l’utilizzo dei dati avvenga “su larga scala” il DPO diventa obbligatorio.
Non sono fissate dimensioni precise dalla norma, il vademecum dei commercialisti ad esempio fa corrispondere l’obbligo con il trattamento di una «notevole quantità di dati a livello regionale, nazionale o sovranazionale».
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Chiedi all'espertoRisposta di Barbara Weisz