Partita IVA: guida per content creator, freelance, liberi professionisti e imprenditori

di Noemi Ricci

25 Ottobre 2024 15:07

logo PMI+ logo PMI+
Guida alla partita IVA: come aprirla, i costi, i regimi fiscali disponibili e i vantaggi per liberi professionisti, content creator e imprenditori.

La partita IVA è fondamentale per intraprendere un’attività imprenditoriale o lavorare come libero professionista, sia per le nuove professioni come content creator e youtuber sia per i freelance più tradizionali. Aprire partita IVA consente di operare in conformità con le normative fiscali e contributive e di emettere fattura, così da poter estendere e consolidare la propria clientela.

Prima di avviare qualsiasi attività autonoma, dunque, è indispensabile comprendere cos’è la Partita IVA, come si apre e quali sono i regimi fiscali disponibili, per scegliere il più adatto alle proprie esigenze.

Di seguito forniamo una guida esaustiva per tutti coloro i quali intendono aprire la partita IVA, approfondendone anche le modalità operative e le opzioni fiscali.

Che cos’è la partita IVA e a cosa serve

La partita IVA è in Italia un codice univoco di 11 cifre rilasciato dall’Agenzia delle Entrate, che identifica un soggetto come lavoratore autonomo o impresa. Le prime sette cifre del codice fungono da numero identificativo del titolare o dell’azienda, mentre le cifre dall’ottava alla decima si riferiscono alla localizzazione dell’ufficio competente dell’Agenzia delle Entrate. L’ultima cifra è un carattere di controllo per validare il codice stesso.

VERIFICA PARTITA IVA ONLINE

La partita IVA è obbligatoria per tutte le attività svolte in maniera continuativa e professionale, siano esse imprese, professionisti o commercianti. Anche chi svolge attività digitali per lavoro deve dotarsi di partita IVA una volta superata la soglia di guadagno o quando l’attività diventa regolare e abituale.

La sua funzione è duplice: permette al titolare di emettere fatture per i propri servizi o beni venduti e consente allo Stato di tracciare i redditi, tassarli e monitorare il versamento delle imposte come IRPEF, IRAP, contributi e IVA.

Come aprire partita IVA

L’apertura di una partita IVA può sembrare un processo complesso ma in realtà, seguendo una serie di passaggi, è possibile portare a termine l’operazione in maniera relativamente semplice.

Operazioni preliminari

  1. Il primo passo consiste nell’individuare il codice ATECO corrispondente all’attività che si intende svolgere. Reperibili sul sito dell’ISTAT, i codici ATECO rappresentano la classificazione ufficiale per ogni attività economica e permettono di identificare con precisione il proprio settore di appartenenza.
  2. Il secondo passo è quello di procedere con la scelta del regime fiscale più adatto (che verrà trattato nei paragrafi successivi).
  3. Il terzo passo è individuare la cassa previdenziale alla quale versare i contributi. La gestione di riferimento varia infatti a seconda della professione svolta. Ad esempio: INPS per commercianti e artigiani, Cassa Forense per gli avvocati, e così via.

=> Freelance con obbligo di iscrizione INPS

Modulistica e procedura di domanda

La dichiarazione di inizio attività va presentata all’Agenzia delle Entrate entro 30 giorni dall’inizio dell’attività professionale. La presentazione può avvenire:

  • di persona presso l’ufficio territoriale dell’Agenzia delle Entrate;
  • via raccomandata;
  • telematicamente attraverso il sito dell’Agenzia delle Entrate o tramite un intermediario.

Per quanto riguarda la modulistica, si deve compilare uno dei seguenti modelli:

  • Modello AA9/12 per persone fisiche (liberi professionisti e autonomi);
  • Modello AA7/10 per soggetti diversi dalle persone fisiche (società, enti).

=> Aprire partita IVA per attività online: quando serve e come fare

Per chi opera in modalità digitale, è inoltre indispensabile disporre di una casella di Posta Elettronica Certificata (PEC), strumento fondamentale per gestire le comunicazioni ufficiali con l’amministrazione fiscale e altri enti.

Costi di apertura e gestione partita IVA

Aprire una partita IVA non comporta costi diretti se l’operazione viene svolta autonomamente, compilando i moduli e presentandoli da sé all’Agenzia delle Entrate. Tuttavia, per chi non ha familiarità con la normativa fiscale o desidera evitare errori, può risultare utile affidarsi a un commercialista, il cui onorario varia generalmente tra i 100 e i 300 euro per la gestione della pratica di apertura.

I costi legati alla partita IVA si manifestano semmai nella gestione successiva, soprattutto in termini di adempimenti fiscali e contributivi: versare contributi e tasse o gestire la fatturazione elettronica e la dichiarazione dei redditi comporta costi accessori che variano in base al regime fiscale scelto.

Partita IVA e regimi fiscali

Una delle decisioni più rilevanti riguarda dunque la scelta del regime fiscale, che determinerà il carico di adempimenti e la modalità di calcolo delle tasse e dei contributi. Attualmente, esistono tre principali regimi fiscali per chi apre partita IVA in Italia: il regime ordinario, il regime semplificato e il regime forfettario.

  • Regime ordinario: è il più complesso e solitamente scelto da aziende con un fatturato elevato. Offre la massima flessibilità in termini di deduzione delle spese e detrazione dell’IVA, ma richiede una contabilità molto strutturata. Si applica un sistema di tassazione progressiva in base agli scaglioni IRPEF, con un’aliquota che varia dal 23% al 43%.
  • Regime semplificato: pensato per professionisti e imprese con fatturati inferiori ai 500.000 euro, offre agevolazioni contabili rispetto al regime ordinario. In questo regime si possono detrarre alcune spese, ma con regole meno rigide. Anche qui, la tassazione segue gli scaglioni dell’IRPEF.
  • Regime forfettario: è il regime più semplice e vantaggioso per chi inizia un’attività professionale con fatturati inferiori a 85.000 euro annui. Il regime forfettario prevede un’aliquota fiscale fissa del 15% (ridotta al 5% per le startup nei primi 5 anni). Le principali agevolazioni sono legate alla minore burocrazia e alla semplificazione degli adempimenti.

Regime forfettario: vantaggi e requisiti

La partita IVA in regime forfettario rappresenta una delle opzioni più vantaggiose per i piccoli professionisti, lavoratori autonomi e content creator, caratterizzandosi per una semplificazione degli adempimenti burocratici e per una tassazione agevolata.

Questo regime, introdotto per facilitare l’attività di chi ha un volume d’affari limitato, richiede infatti meno operazioni contabili rispetto ai regimi ordinario e semplificato, rendendo la gestione fiscale più snella e veloce.

Chi adotta il forfettario non è obbligato a tenere i registri contabili, a dichiarare l’IVA o a registrare le detrazioni. In aggiunta, il carico fiscale viene ridotto grazie a una flat tax che, per i nuovi professionisti, può arrivare fino al 5% del reddito imponibile per i primi cinque anni di attività. Dopo questo periodo, l’imposta sale al 15%, ma rimane comunque più favorevole rispetto alle altre forme di tassazione.

I requisiti per l’accesso al regime forfetario

Per accedere al regime forfettario, è necessario rispettare alcune condizioni. In primo luogo, il fatturato annuo non deve superare la soglia degli 85.000 euro (questo limite è stato recentemente innalzato, favorendo un numero maggiore di professionisti che desiderano approfittare di questo regime fiscale agevolato). Devono poi essere rispettati i seguenti requisiti:

  • le spese annue per i lavoratori dipendenti o collaboratori devono rimanere sotto i 20.000 euro lordi,
  • non si deve già esercitare un’attività imprenditoriale con partita IVA,
  • non si devono avere rapporti di lavoro prevalenti con aziende o società con le quali si è collaborato nei due anni precedenti,
  • i redditi da lavoro dipendente o assimilato non devono superare i 30.000 euro lordi annui.
  • la residenza deve essere in Italia, requisito fondamentale per accedere al regime forfettario.

Calcolo dell’imponibile e vantaggi fiscali

Per le Partite IVA in regime forfettario, il calcolo dell’imponibile si basa sul proprio codice ATECO, il quale prevede un’aliquota di redditività variabile tra il 40% e il 78%. A seconda dell’attività, la percentuale di reddito imponibile viene moltiplicata per il fatturato e, su di essa, viene applicata l’imposta agevolata.

Per esempio, se un professionista ha un fatturato di 10.000 euro e una redditività del 67%, il suo imponibile sarà di 6.700 euro. Su questo importo si applica l’aliquota del 15% in veste di flat tax (ridotta al 5% per le startup), che determinerà l’ammontare delle imposte da versare.

Al calcolo delle imposte va poi aggiunta la quota contributiva previdenziale, che varia invece in base alla cassa di appartenenza.

Questo sistema di tassazione rende il regime forfettario particolarmente vantaggioso per coloro che hanno costi limitati e non necessitano di particolari detrazioni fiscali.

Regime semplificato: caratteristiche e vantaggi

Il regime semplificato è una delle opzioni fiscali disponibili per le partite IVA che superano i limiti del regime forfettario, ma non necessitano della complessità del regime ordinario. È destinato principalmente ai professionisti con un fatturato annuo inferiore a 500.000 euro per le imprese di servizi o a 800.000 euro per le altre attività commerciali.

Una delle caratteristiche principali di questo regime è l’adozione del principio di cassa: il reddito imponibile viene calcolato sottraendo le spese sostenute dai ricavi effettivamente incassati, indipendentemente dal momento in cui le fatture sono state emesse. In altre parole, le imposte si pagano solo sui ricavi effettivamente entrati in cassa, riducendo l’impatto fiscale nei casi in cui ci siano fatture non pagate.

Nel regime semplificato, le aziende e i professionisti possono dedurre molte delle spese sostenute, come quelle relative a beni strumentali, forniture e spese di rappresentanza, rendendo questo sistema fiscalmente vantaggioso per chi sostiene costi elevati.

Tuttavia, a differenza del regime forfettario, l’applicazione dell’IVA è obbligatoria, così come la conservazione di alcuni registri contabili, tra cui il registro incassi e pagamenti e il registro dei beni ammortizzabili. I titolari di partita IVA in regime semplificato devono anche emettere fattura elettronica, tenere traccia dei versamenti IVA trimestrali o mensili e presentare la dichiarazione IVA annuale.

Regime ordinario: obblighi e funzionamento

Il regime ordinario è la scelta obbligata per le aziende di capitali, società di persone con un fatturato superiore a 500.000 euro o imprese che superano il limite del regime semplificato. Caratterizzato da una maggiore complessità amministrativa e fiscale, il regime ordinario utilizza il principio di competenza: le imposte vengono calcolate non sui ricavi incassati, ma su tutte le fatture emesse, indipendentemente dal fatto che il pagamento sia già stato ricevuto. Questo rende la gestione contabile più rigorosa e richiede una pianificazione accurata, poiché si pagano tasse anche su ricavi non ancora entrati.

In questo regime, le aliquote fiscali seguono la progressività dell’IRPEF, con quattro scaglioni che vanno dal 23% al 43%, a seconda del reddito annuo. Oltre a ciò, l’IVA deve essere applicata a tutte le transazioni e i titolari di partita IVA devono rispettare obblighi contabili stringenti, come la tenuta dei libri contabili obbligatori (registro IVA, libro giornale, bilancio d’esercizio) e la gestione della contabilità per competenza.

Il regime ordinario prevede la deduzione di tutte le spese correlate all’attività, consentendo di abbattere l’imponibile, ma richiede la compilazione della dichiarazione IVA annuale, il versamento mensile o trimestrale dell’IVA e il rispetto di numerosi adempimenti burocratici e fiscali.

Differenze tra regime forfettario, semplificato e ordinario

Il regime forfettario si differenzia nettamente dal regime semplificato e da quello ordinario, sia in termini di gestione contabile che di imposizione fiscale.

Nel regime semplificato, ad esempio, il reddito imponibile viene calcolato secondo il principio di cassa, cioè sottraendo le spese sostenute dai ricavi generati e incassati. Questo implica che tutte le spese legate all’attività professionale possono essere dedotte dal reddito complessivo, un’opzione non disponibile per chi aderisce al regime forfettario.

Per i soggetti che operano nel regime ordinario, invece, la tassazione avviene in base a un sistema progressivo di aliquote IRPEF, che varia dal 23% al 43%, a seconda del reddito annuale. Anche la gestione contabile è più complessa: è necessario tenere aggiornati i registri IVA, emettere fatture elettroniche e conservare i documenti contabili obbligatori.

L’obbligo di applicare l’IVA alle fatture, assente nel regime forfettario, costituisce un ulteriore onere per i titolari di partita IVA in regime ordinario e semplificato. Per questo motivo, il regime forfettario viene scelto da molti professionisti che cercano una soluzione fiscale meno onerosa in termini di burocrazia e adempimenti.

Il regime forfettario per i content creator

Negli ultimi anni, il regime forfettario si è dimostrato particolarmente adatto ai content creator, come YouTuber, blogger e influencer. Questi professionisti, che operano spesso come freelance, possono beneficiare della tassazione agevolata e della riduzione degli oneri contabili, semplificando notevolmente la gestione fiscale della propria attività.

Scegliere il giusto codice ATECO è fondamentale per garantire che il proprio regime fiscale rispecchi correttamente l’attività svolta e per beneficiare delle corrette aliquote fiscali. Ad esempio, il codice da utilizzare:

  • per chi svolge attività di produzione di contenuti audiovisivi è il 59.11.00,
  • chi si occupa di campagne pubblicitarie o social media marketing può optare per un codice della categoria 73.11.xx.

Chiusura della partita IVA

Nel caso in cui un professionista decida di interrompere la propria attività, la procedura di chiusura della partita IVA è relativamente semplice. Sarà necessario compilare il modulo AA9/12 o AA7/10, a seconda dei casi, e inviarlo all’Agenzia delle Entrate entro 30 giorni dalla cessazione dell’attività.

Da sapere: la partita IVA viene chiusa d’ufficio in caso di inattività continuativa per tre anni.