Può essere accusato di abuso di professione chi svolge attività stragiudiziali qualificandosi tuttavia come avvocato, pur non essendo iscritto all’Albo.
Se ricorrono elementi di continuità, organizzazione e onerosità, allora può scattare la condanna anche se si fa parte di uno studio legale, ed il collaboratore rischia anche la reclusione.
Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 13341 depositata il 2 aprile 2024, esprimendosi in merito alla condanna di una collaboratrice di uno studio legale impegnata nello svolgimento di attività stragiudiziali, relative a una questione civilistica, senza essere iscritta regolarmente all’Albo degli avvocati.
Nel caso specifico preso in esame dalla Corte di Cassazione, tra l’altro, il reato di abuso della professione era stato ravvisato anche nell’uso della carta intestata riferita al titolo di avvocato, volto a creare l’apparenza di una professione esercitata in modo del tutto regolare.
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Secondo gli Ermellini, il reato di esercizio abusivo di una professione disciplinato dall’articolo 348 del Codice Penale riguarda gli atti che, anche se non riservati a una determinata professione, sono comunque riconducibili a essa specialmente se svolgi con continuità, onerosità e organizzazione.
Non si parla di abuso di professione, invece, se l’attività viene svolta occasionalmente.