Attività come la gestione della contabilità aziendale, la redazione delle dichiarazioni fiscali e l’effettuazione dei relativi pagamenti, per essere svolte professionalmente richiedono l’iscrizione ai relativi albi.
Non possono di conseguenza essere effettuate in modo continuativo e organizzato da persone che non sono in possesso delle necessarie qualifiche professionali, ovvero: Commercialisti, Esperti Contabili, Consulenti del Lavoro.
Lo chiarisce una nuova ordinanza di Cassazione, la n. 3495/2023, relativa al caso di una società che forniva servizi assimilabili alle prestazioni di commercialisti e consulenti del lavoro:
- compilazione e presentazione delle dichiarazioni fiscali,
- tenuta della contabilità,
- elaborazione delle buste paga,
- presentazione istanze di annullamento in autotutela in ambito fiscale,
- pagamento di imposte,
- elaborazione di studi di settore,
- disbrigo di pratiche presso la CCIA,
- cura dei rapporti previdenziali.
Prestazioni che, secondo la Cassazione, sono di esclusiva competenza di commercialisti, esperti contabili e consulenti del lavoro». Diversamente, per chi le svolge senza le dovute qualifiche si configura l’esercizio abusivo della professione, perché tali attività sono svolte in forma organizzata e remunerata senza i necessari titoli.
Il giudice di legittimità, spiega la Corte, «è stato chiamato in più occasioni a tracciare la linea di discrimine tra attività riservate alle professioni protette e attività libere, per le quali riprende vigore il principio generale di libertà di lavoro autonomo o di libertà di impresa di servizi, a seconda del contenuto delle prestazioni e della relativa organizzazione».
La sentenza, ha commentato il presidente dell’Ordine dei Commercialisti, Elbano de Nuccio, «fa chiarezza sulla giurisprudenza relativa alle attività riservate alle professioni ordinistiche ed è molto esplicita su talune forme di esercizio abusivo della professione».
L’ordinanza, prosegue de Nuccio, «arriva pochi giorni dopo quella del Consiglio di Stato su un ricorso presentato dall’Associazione nazionale dei tributaristi in materia di visto di conformità». E rafforza il principio in base al quale «le attività degli iscritti in Ordini professionali non debbano essere in alcun modo equiparate a quelle di iscritti ad Associazioni professionali».