La Camera ha approvato il disegno di legge sull’equo compenso per i professionisti, che ora passa al vaglio del Senato. Il provvedimento mira a rendere i compensi delle prestazoni professionali proporzionali alla quantità e qualità del lavoro svolto, così come al contenuto della prestazione stessa. La disciplina riguarda in particolare i rapporti professionali basati su apposite convenzioni, che interessano le imprese bancarie, assicurative, e quelle imprese caratterizzate da ricavi annui superiori a 10 milioni di euro o con più di 50 dipendenti, nonché la Pubblica Amministrazione.
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Per essere ritenuto equo, il compenso dovrà allinearsi ai parametri stabiliti dai decreti ministeriali a cadenza biennale, su proposta degli Ordini professionali. In presenza di compenso ritenuto non equo, sarà il Tribunale a stabilire l’effettiva proporzionalità del dovuto, condannando il cliente a versare la differenza tra quanto stabilito dal contratto e quanto previsto secondo i paramenti ministeriali.
La Camera ha applicato però alcune modifiche al testo iniziale del ddl recante “Disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali”, sopprimendo lo stanziamento di 150 milioni di euro a partire dal 2022, mentre è stata aggiunta una disposizione transitoria per l’estensione dell’ambito di applicazione della normativa anche alle convenzioni in corso, sottoscritte prima della riforma.
Il ddl, inoltre, fa riferimento alla facoltà degli Ordini professionali di applicare sanzioni deontologiche nei confronti dei professionisti che abbiano accettato un compenso non equo. Quest’ultimo punto ha suscitato non poche critiche, che riguardano anche un altro dei punto cardine del disegno di legge, relativo all’applicazione dell’equo compenso ai soli rapporti professionali regolati da convenzioni.
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A tal proposito, secondo il presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella, il provvedimento non risponde alle esigenze e alle istanze dei professionisti ordinisti e non ordinisti.
Si continua a insistere sui rapporti professionali regolati da convenzioni con banche, assicurazioni e grandi imprese, che però sono solo una parte dei clienti dei professionisti ma non si fa alcun riferimento ai rapporti professionali individuali, relativi cioè alle singole prestazioni, che rappresentano la maggior parte degli incarichi attribuiti dalla Pubblica Amministrazione ai professionisti e che rimangono fuori dal campo di applicazione della Legge.