Le Casse di previdenza private sono legittimate a introdurre coefficienti di abbattimento della rendita per i professionisti che decidono di continuare a svolgere l’attività professionale anche dopo il pensionamento. Secondo la Corte di Cassazione, infatti, non è soggetto al limite del pro-rata il regolamento della Cassa previdenziale che impone vincoli per il cumulo dei redditi derivanti dall’attività professionale con il trattamento pensionistico.
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Facendo riferimento ad alcune sentenze precedenti, infatti, i giudici sottolineano la piena legittimità delle delibere che introducono gli abbattimenti della pensione di anzianità tenendo conto dell’età anagrafica del lavoratore.
Le Casse di previdenza private, quindi, possono godere di autonomia regolamentare anche nel determinare uno specifico regime di compatibilità tra la prosecuzione del lavoro e la pensione di anzianità, intervenendo con modifiche che riguardano l’accesso alla pensione.
La previsione, di cui alle delibere della Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore dei Ragionieri e Periti Commerciali del 7 giugno 2003 e 20 dicembre 2003 e del Regolamento in vigore dal 1 gennaio 2004, di un coefficiente di abbattimento (c.d. coefficiente di neutralizzazione), progressivamente calante in ragione del crescere dell’età, per la quota retributiva delle pensioni di anzianità erogate dalla medesima Cassa di Previdenza, non è soggetta al principio del prò rata quale sancito dall’art. 3, co. 12, L. 335/1995 (nel testo vigente anteriormente alle modifiche apportate dall’art. 1, comma 763, della L. n. 296 del 2006) ed è legittima, risultando tale coefficiente introdotto con modalità non irragionevoli nell’ambito della modifica del sistema di accesso alla predetta pensione, reso contestualmente compatibile con la prosecuzione, nonostante il pensionamento, della medesima professione.