Cassa Forense: contributi con iscrizione retrodatata

di Anna Fabi

Pubblicato 6 Novembre 2018
Aggiornato 5 Marzo 2019 09:43

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Per gli avvocati che non hanno retrodatato l’iscrizione alla Cassa Forense potrebbe essere più difficoltoso raggiungere i requisiti per la pensione.

Una recente sentenza della Cassazione fa luce su alcuni aspetti relativi alla domanda di pensionamento inoltrata dai professionisti iscritti alla Cassa Forense. Respingendo il ricorso di un notaio, la Corte ha affermato che coloro che hanno svolto attività di praticante avvocato prima dell’entrata in vigore della legge 141/92 devono aver richiesto la retrodatazione dell’iscrizione alla Cassa Forense, al fine di raggiungere gli anni di anzianità.

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Una sentenza che riguarda tutti quelli che hanno lavorato come praticanti quando l’iscrizione alla Cassa era ancora facoltativa: questi ultimi, infatti, avrebbero dovuto retrodatare l’iscrizione all’istituto di previdenza in concomitanza con l’entrata in vigore la legge 141/92.

Alla data rivendicata del 10.2.2007 l’appellante non poteva far valere i prescritti quarant’anni di anzianità contributiva, dal momento che la Cassa Forense non aveva potuto procedere all’iscrizione per gli anni di svolgimento dell’attività di procuratore legale, iscrizione, questa, all’epoca rimessa alla facoltà del praticante ai sensi dell’art. 22 della legge n. 576/80.

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Nello specifico, il ricorrente pensava di poter vantare 40 anni di contribuzione computando anche gli anni in cui aveva svolto attività di praticante procuratore legale e di procuratore legale, oltre che di avvocato (sommando i contributi maturati nel corso degli anni di attività come avvocato e notaio, ma anche quelli riscattati per il corso di laurea).