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È l’accordo siglato tra il professionista e il suo cliente a dettare le regole relative al compenso per la prestazione prestata, convenzione che rappresenta una priorità rispetto alle tariffe e ai parametri stabiliti dalla normativa.
Lo sottolinea la Corte di Cassazione, con l’ordinanza 25054/2018, esprimendosi in merito ai compensi percepiti dagli avvocati: sebbene l’articolo 2233 del Codice Civile stabilisca una precisa gerarchia per la determinazione delle parcelle per i prestatori d’opera intellettuale, è comunque l’accordo diretto con il cliente a prevalere anche nel caso in cui le cifre pattuite siano superiori al massimo tariffario previsto.
In particolare, in materia di onorari di avvocato deve ritenersi valida la convenzione tra professionista e cliente, che stabilisce la misura degli stessi in misura superiore al massimo tariffario (Cass. 7051/1990), vigendo il principio di ammissibilità e validità di convenzioni aventi ad oggetto i compensi dovuti dai clienti agli avvocati, anche con previsione di misure eccedenti quelle previste dalle tariffe forensi (Cass. Ss.Uu. 103/1999).
Solo in assenza di precisa intesa sul compenso tra professionista e cliente, quindi, è necessario attenersi alla normativa sulle tariffe per le prestazioni professionali.