Fino a che punto può un avvocato può esprimere un giudizio negativo nei confronti di un collega senza violare il codice deontologico forense? A trattare questa tematica ed esprimersi a riguardo è il Consiglio Nazionale Forense con la sentenza 233/2017, delibera che rigetta il ricorso di un professionista del foro sanzionato per aver definito un collega come un “mediocre cultore del diritto”.
Secondo il CNF, infatti, utilizzare espressioni di questo tipo verso un collega integra l’illecito disciplinare definito dalla normativa professionale vigente (Art. 52 NCDF, già art. 20 codice previgente), rappresentando un comportamento che si spinge oltre l’esercizio del diritto di critica consentito.
Benché l’avvocato, nell’esercitare il proprio dovere, possa contrastare e criticare l’operato della controparte, tale libertà non può di certo tradursi nella facoltà di utilizzare espressioni sconvenienti ed offensive nei confronti della controparte. Nel caso di specie, si palesa del tutto inutile nella dialettica processuale l’utilizzo dell’espressione “mediocre cultore del diritto”, che assume solo una valenza denigratoria.
L’utilizzo di espressioni di questo tipo, inoltre, non può essere ammesso come componente della dialettica processuale ma rischia di compromettere il decoro di tutta la classe forense. La sentenza, quindi, conferma la sanzione stabilita inizialmente relativa alla censura.