Giulio Tremonti torna a sferzare gli istituti di credito italiani. A pochi giorni di distanza dalle dichiarazioni di Londra sul rapporto banche – crisi economica, il ministro dell’economia non ha lesinato nuove critiche nei confronti del sistema bancario italiano nel corso dell’annuale workshop Ambrosetti presso la Villa d’Este a Cernobbio.
«Quando le banche dicono che i bond non servono, affermano una cosa contro l’interesse del paese» ha dichiarato senza usare mezzi termini il ministro Tremonti, rispondendo a una domanda sulla possibilità che alcune banche rinuncino a tali strumenti per far fronte al difficile momento dettato dalla crisi economica. Il ministro dell’economia ha poi ricordato come i bond costituiscano una soluzione poco costosa concepita principalmente per aiutare le imprese in difficoltà. «Questi strumenti non sono stati fatti per le banche, ma per le imprese» ha aggiunto Tremonti.
Nel corso della conferenza stampa che ha sancito la chiusura del workshop Ambrosetti, il ministro ha voluto riportare l’attenzione sul tema dei bond, argomento particolarmente delicato sul quale non sono certo mancate le polemiche nel corso degli ultimi mesi. Per Giulio Tremonti, i bond «sono stati disegnati in Europa come meccanismo e come tassi di interesse. Quando sento dire dell’interesse dell’8,5% per prendere denaro, ma non si tratta di prendere denaro, ma strumenti di capitale. E poi sono numeri che ha messo l’Europa non noi. Le banche non fanno un favore al governo, ma fanno un maleficio alle imprese, sopratutto alle piccole e medie imprese».
Parole dure da parte del ministro dell’economia nei confronti delle banche italiane, accusate di nuocere al sistema delle PMI in Italia nel caso di una applicazione poco omogenea e a macchia di leopardo degli strumenti offerti dai bond. «Il problema dei bond non è il mercato dei capitali, ma quanti soldi vanno alle PMI. Questi sono strumenti che aumentano la base patrimoniale delle banche per finanziare le piccole e medie imprese. Sono un ponte che passa attraverso le banche verso le pmi» ha aggiunto il ministro, sottolineando ancora una volta come gli istituti di credito debbano essere semplice strumento e non i primi beneficiari dei discussi bond.
Nel corso della conferenza stampa, incentrata principalmente sulla condotta delle banche italiane nell’attuale periodo di crisi economica, il ministro Tremonti non ha poi lesinato critiche nei confronti delle scelte di business che trascurano le realtà del territorio per pensare unicamente alla costituzione di grandi gruppi di dimensioni sovranazionali: «Non ho nulla contro la grande dimensione, ma tu non puoi avere una struttura produttiva piccola e una banca che ragiona da grande industria bancaria, perché non corrisponde all’interesse del Paese, e la crisi l’ha messo in luce».
Poche ore prima dell’incontro di Cernobbio, Tremonti aveva già portato a termine un affondo nei confronti del sistema del credito a margine del G20 finanziario di Londra. «Il governo ha fatto la sua parte, le banche no» aveva dichiarato il ministro, per poi aggiungere: «Le banche devono essere al servizio dei cittadini e non il contrario. Oggi le banche sono solo al servizio degli azionisti, dovranno essere al servizio dei cittadini perché rivestono una funzione pubblica, non un’industria qualunque, che fa scarpe o vasche da bagno».
Affermazioni simili alle dichiarazioni contenute nella lettera congiunta dei premier Merkel, Sarkozy e Brown, che in maniera più organica hanno recentemente proposto una serie di condizioni fondamentali da osservare per riformare l’economia su scala globale e il funzionamento del settore finanziario. Una missiva indirizzata principalmente al G20 e tesa ad aprire un serio confronto sulle criticità e le storture del sistema economico che hanno infine dato vita all’attuale crisi economica.
L’attacco su più fronti da parte del primo responsabile del Ministero dell’Economia non è certo passato inosservato negli ambienti degli istituti di credito nostrani. Stando ad alcune fonti di stampa, al momento l’Associazione Bancaria Italiana (ABI) avrebbe però scelto la strada del silenzio per evitare ulteriori polemiche e smorzare i toni del confronto.