Dal governo italiano non è giunto nemmeno un Euro per la salvaguardia delle banche. È questo, in estrema sintesi, il pensiero del presidente dell’Associazione Bancaria Italiana, Corrado Faissola, da poco intervenuto all’annuale incontro organizzato da Confesercenti. Le dichiarazioni del primo responsabile dell’associazione che riunisce le banche italiane giungono ad alcuni giorni di distanza dalle ultime esternazioni del ministro Tremonti, molto critico nei confronti del comportamento adottato dagli istituti di credito per fronteggiare la crisi.
Nel corso del suo intervento, principalmente impostato sulla difensiva per rispondere alle accuse mosse dal ministro dell’economia, Faissola ha comunque riconosciuto al governo di aver predisposto strumenti utili e sostanzialmente efficaci per tutelare il sistema economico e impedire fallimenti su larga scala. Il presidente dell’ABI ha comunque respinto le critiche di Tremonti, bollate come semplici annunci a effetto formulati per un probabile tornaconto elettorale.
«Le banche non godono di una buona reputazione in nessuna parte del mondo, che ci sia crisi o no. C’è questa alea che viene coltivata a captatio benevolentiae elettorale. Nel nostro Paese non si riesce a impostare il confronto in modo razionale» ha dichiarato Faissola, riferendosi implicitamente al responsabile del ministero dell’economia. Il presidente dell’ABI ha poi aggiunto: «Lo Stato alle banche non ha dato nemmeno una lira. Ci sono stati 1,4 miliardi di Tremonti bond sottoscritti da una singola banca. Lo Stato ha dato un grande contributo nel momento in cui ha predisposto dei salvagente, ma il governo non ha dato nulla».
Dichiarazioni forti, che potrebbero ora riaccendere il confronto con Giulio Tremonti, che una settimana fa aveva stigmatizzato l’atteggiamento dei principali istituti di credito nostrani, dichiarando: «Quando le banche dicono che i bond non servono, affermano una cosa contro l’interesse del paese. Questi strumenti non sono stati fatti per le banche, ma per le imprese. […] Il governo ha fatto la sua parte, le banche no». In seguito alle dichiarazioni del ministro, l’ABI aveva preferito non offrire alcuna replica diretta per evitare polemiche e smorzare i toni del confronto.
Una tregua durata pochi giorni e rotta dalle ultime dichiarazioni di Faissola, chiamato a difendere l’operato degli istituti di credito compresi nella famosa Associazione. Il presidente dell’ABI ha dunque esposto la propria difesa focalizzata su un assunto principale: le banche italiane resistono ai venti gelidi della crisi perché sono sane e non certo obsolete; gli attivi sono principalmente impegnati in credito alla clientela in una misura stimabile tra i 70 e gli 80 punti percentuali, condizione che riduce sensibilmente l’area di manovra legata agli investimenti e dunque la possibilità di investire in titoli tossici o in speculazioni finanziarie ad alto rischio.
Secondo Faissola, infatti, tali operazioni sono state realizzate a causa di «un eccesso di ingordigia che riguardava il funzionario di banca» ma anche l’interlocutore «che aveva intravisto la possibilità di guadagnare bene e di sfamare la sua ingordigia, come il panettiere che voleva ampliare la sua attività».
Il primo responsabile dell’ABI ha poi risposto a un’altra critica mossa con frequenza da Giulio Tremonti sul progressivo allontanamento delle banche dal territorio, processo bollato come poco utile dal ministro: «Tu non puoi avere una struttura produttiva piccola e una banca che ragiona da grande industria bancaria, perché non corrisponde all’interesse del Paese, e la crisi l’ha messo in luce».
Faissola ha ricordato come la politica di aggregazioni sia stata incentivata in prima istanza dalla Banca d’Italia, interessata a consolidare il sistema bancario italiano per mantenerlo competitivo nello scenario internazionale. Tale fenomeno non avrebbe comunque sortito un allontanamento dal territorio come sottolineato da Tremonti, come dimostrato dall’alto numero di iniziative su base locale. L’ABI, ha concluso Faissola, è comunque disposta a discutere tale argomento con il ministro, a patto di evitare «inopportune» inversioni di rotta che nuocerebbero al sistema bancario italiano sia sul fronte nazionale che su quello internazionale.
La disponibilità al dialogo da parte dell’Associazione Bancaria Italiana dunque non manca, ma dal discorso di Corrado Faissola è emerso chiaramente come il confronto possa essere riaperto solamente sulla base di un maggiore rispetto reciproco, evitando dichiarazioni strumentali. Un monito indirizzato non solo a Giulio Tremonti, ma implicitamente anche a Confindustria ultimamente molto critica nei confronti di alcune scelte operate dai protagonisti del settore bancario italiano. Un intricato insieme di polemiche che, secondo numerosi osservatori, fanno da sfondo al delicato periodo di riassetto del sistema finanziario nazionale, processo nel quale ognuno mira a tutelare al meglio i propri interessi a volte a scapito di quel confronto razionale spesso auspicato e raramente messo in pratica.