Pechino contro Washington: no al protezionismo

di Emanuele Menietti

15 Settembre 2009 15:00

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La Cina ricorre al Wto per la spinosa questione dei nuovi dazi imposti dagli Stati Uniti per le importazioni di pneumatici. Secondo Pechino, la decisione rientra in una mera politica protezionistica

La decisione degli Stati Uniti di incrementare i dazi per l’importazione di pneumatici dalla Cina non è stata per nulla gradita dal governo di Pechino. Secondo i responsabili dell’amministrazione cinese, il provvedimento assunto da Washington si configura come una vera e propria misura protezionistica che potrebbe incrinare sensibilmente i rapporti commerciali tra i due paesi. Una nuova fonte di attrito tra gli Stati Uniti e la Cina, che giunge in un periodo molto delicato per entrambe le economie condizionate dalla difficile congiuntura su scala globale.

Stando a quanto riferito da un portavoce della Casa Bianca nel corso degli ultimi giorni, l’adozione di una sorta di dazio aggiuntivo per l’importazione di pneumatici sarebbe stata dettata dalla necessità di rilanciare il comparto negli Stati Uniti, messo a dura prova dall’import a basso prezzo proveniente dalla Cina. Una misura contemplata dal Wto nell’ambito delle disposizioni “di salvaguardia” sottoscritte da Pechino nel corso del 2001 al momento della sua entrata nell’organizzazione, che viene però ora fortemente osteggiata dal governo asiatico che teme un forte calo delle esportazioni di pneumatici.

«La Cina condanna fermamente questo grave atto di protezionismo commerciale degli Stati Uniti. Questo passo non solo viola le regole dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, ma è anche contrario agli impegni rilevanti che il governo Usa ha assunto all’ultimo vertice finanziario del G20» aveva dichiarato il governo di Pechino. A distanza di alcuni giorni dai primi attriti con gli States, la Cina ha poi deciso di rivolgersi direttamente al Wto per denunciare l’incremento dei dazi e dirimere quanto prima la questione. L’applicazione delle nuove regole imposte da Washington potrebbero infatti costare circa 10mila posti di lavoro nel paese asiatico, secondo alcuni analisti.

Salvo cambiamenti di programma, il nuovo sistema dei dazi con un incremento del 35% sarà reso operativo a partire dal prossimo 26 settembre e si andrà ad aggiungere all’attuale dazio pari al 4%. A un anno dalla sua introduzione, il dazio raggiungerà quota 30 punti percentuali per poi scendere ancora fino al 25% nel terzo anno di adozione. Nonostante il sensibile aumento, l’incremento operato dalla Casa Bianca è distante dal 55% indicato dall’International Trade Commission statunitense, che aveva suggerito tale cifra sulla base degli ultimi dati indicanti un aumento pari a tre volte delle importazioni di pneumatici dalla Cina nel corso degli ultimi 5 anni.

Stando alle fonti di stampa vicine al Presidente, Barack Obama avrebbe adottato un incremento più contenuto per non destare eccessive ire da parte del governo di Pechino. Nel corso delle ultime ore Obama ha inoltre inviato alcuni segnali di distensione verso la Cina, sottolineando l’importanza della collaborazione commerciale tra i due paesi e la necessità di non dar vita a una guerra protezionistica che potrebbe nuocere a entrambe le economie.

Nel corso delle prossime settimane, Barack Obama sarà del resto protagonista di una intensa serie di appuntamenti sul fronte cinese. Il prossimo G20 previsto negli Stati Uniti offrirà un primo banco di prova per recuperare i rapporti con Pechino e superare l’attuale ostacolo legato alle importazioni di pneumatici, forse con un aiuto esterno fornito anche dal Wto chiamato da poco in causa. Infine, nel mese di novembre Obama sarà in Cina per una serie di visite ufficiali, che potrebbero fornire ulteriori occasioni per appianare i recenti attriti. Il lavoro di diplomazia e contrattazione tra Washington e Pechino sarà dunque intenso, anche a causa di alcuni spinosi precedenti come la decisione degli Usa di aumentare i dazi sull’importazione delle tubature per oleodotti provenienti dalla Cina.

Mentre i due giganti si confrontano, numerosi operatori temono una escalation del fenomeno che potrebbe portare alla paventata istituzione di misure rigidamente protezionistiche, una condizione che potrebbe aggravare l’attuale crisi economica. Analisti e istituzioni economiche internazionali hanno sottolineato a più riprese, nel corso degli ultimi mesi, l’importanza di non cedere alle sirene del protezionismo per tutelare le proprie economie nel brevissimo termine. Tale scelta potrebbe infatti ingessare eccessivamente il sistema economico, tarpando le ali alla auspicata ripresa dell’economia su scala globale.