A distanza di alcuni mesi dalla sentenza che ha imposto a Intel il pagamento di una multa da 1,06 miliardi di Euro, l’Unione Europea ha da poco reso pubbliche le motivazioni che hanno portato alla formulazione di una sanzione così consistente, la più alta di sempre in ambito europeo. La pubblicazione delle prove segue di alcuni giorni le recenti dichiarazioni dei vertici Intel, che avevano accusato la Commissione Europea di non aver fornito elementi sufficienti per cosentire la costruzione di un impianto difensivo organico.
L’istituzione del vecchio continente aveva deciso di procedere nei confronti del colosso dei microprocessori dopo aver ravvisato l’esistenza di alcune pratiche commerciali scorrette, tese in primo luogo a escludere la concorrenza dal mercato dei microchip di tipo x86 attraverso numerose opere di persuasione nei confronti dei principali produttori di personal computer. Una pratica che, secondo le autorità europee, avrebbe danneggiato non solo i competitor come AMD, ma anche i consumatori privati di una effettiva possibilità di scelta tra le soluzioni tecnologiche legate ai chip.
Per mantenere la propria posizione dominante sul mercato, Intel si sarebbe mossa principalmente su due fronti per incentivare l’utilizzo dei propri processori da parte dei principali produttori di personal computer su scala globale. La società di Santa Clara è accusata di aver dato vita a una serie di ribassi per i produttori di PC a condizione di mantenere contratti sostanzialmente in esclusiva per le forniture e di aver adottato misure per prevenire o rimandare il lancio di dispositivi basati sui prodotti realizzati dalla concorrenza. Pratiche che avrebbero dunque consentito a Intel di dominare il mercato, lasciando in una posizione marginale i principali competitor nel settore dei chip come AMD.
Le prove da poco fornite dall’istituzione europea sono costituite da una lunga corrispondenza avvenuta tramite posta elettronica tra Intel e i principali produttori di personal computer come Dell, HP, Lenovo. Nel caso di Dell, Intel si sarebbe mossa per disincentivare l’acquisto di soluzioni AMD da parte del celebre costruttore di computer ventilando la possibilità di sospendere alcuni ribassi per almeno tre mesi in attesa di ulteriori sviluppi.
Le email tra Intel e HP rendono invece evidenti le pressioni esercitate dal colosso dei microchip per indurre il produttore a utilizzare principalmente le sue soluzioni tecnologiche. Stando alla corrispondenza, per ottenere i ribassi offerti dalla società di Santa Clara, nel periodo tra novembre 2002 e maggio 2005, HP sarebbe stata di fatto obbligata ad acquistare da Intel il 95% delle CPU necessarie per le proprie soluzioni desktop per il comparto business. Ordinativi di minore entità, tesi ad aumentare la gamma di computer equipaggiati con processori AMD, avrebbero fatto decadere la politica commerciale di Intel con evidenti ripercussioni sul fronte produttivo per HP. Una condizione analoga si sarebbe verificata anche sul fronte di Lenovo, società che avrebbe ricevuto forti pressioni da parte di Intel per acquistare esclusivamente le sue soluzioni per le CPU.
Secondo gli esperti dell’Unione Europea, le prove da poco pubblicate dimostrerebbero anche come Intel abbia attuato specifiche politiche tese a ritardare la distribuzione di alcuni dispositivi per trarne un vantaggio commerciale. Con sfumature diverse, tale fenomeno appare evidente nei confronti di alcuni produttori come HP, Acer e Lenovo e sembra dimostrare il considerevole potere di Intel nel condizionare scelte commerciali e industriali dei principali protagonisti dell’informatica.
«Altri documenti dai produttori di computer e della catena di negozi Media Saturn Holding mettono in evidenza come le varie condizioni poste da Intel abbiano costituito un importante fattore nelle loro decisioni di non passare almeno parzialmente o di acquistare un maggior numero di CPU di tipo x86 da AMD, il principale concorrente di Intel nel comparto delle CPU x86. Per esempio, in una comunicazione alla Commissione, HP ha dichiarato di «poter confermare che le pressioni di Intel (in particolare lo stop agli sconti) hanno costituito un fattore determinante nell’accettare le condizioni non scritte. Ciò ha portato HP a basarsi al 95% sulle soluzioni di Intel [nel comparto business desktop PC]».
Nonostante le email pubblicate dall’istituzione europea forniscano un quadro sufficientemente chiaro sulle politiche adottate da Intel, manca buona parte della documentazione inerente agli accordi finali tra i produttori di computer e il colosso dei microprocessori. Nella maggior parte dei casi, infatti, tali accordi sarebbero stati raggiunti sulla parola per evitare di mettere nero su bianco dettagli che avrebbero potuto mettere in allarme le autorità antitrust. Intel baserà dunque su questo punto la propria difesa, tesa a ottenere un ritiro o per lo meno una revisione della multa miliardaria ricevuta dall’Unione Europea.
I fatti derivati dagli accordi raggiunti a voce, l’attuale condizione del mercato e le evidenti difficoltà di AMD nel conquistare nuove fette di mercato sembrano però dimostrare, nella pratica, le accuse mosse dalla UE sulla base dei carteggi e delle dichiarazioni fornite dai produttori di computer. Smontare l’impianto accusatorio in ambito europeo non sarà semplice.