«Se le banche continuano a far soldi con la finanza, stanno solo preparando la prossima crisi». Giulio Tremonti non si arrende e lancia nuove stilettate verso gli istituti di credito italiani. Al Ministro dell’Economia non sono piaciute le ultime prese di posizione delle banche determinate a non ricorrere allo strumento dei Tremonti bond come auspicato dal numero uno di via XX Settembre.
Le ultime dichiarazioni del ministro sono giunte ad alcuni giorni di distanza dalla decisione di Intesa Sanpaolo e UniCredit di non utilizzare i bond. I due istituti di credito hanno infatti optato per soluzioni maggiormente autonome: Intesa Sanpaolo per una emissione di strumenti ibridi per 1,5 miliardi di Euro e UniCredit con un aumento di capitale pari a circa 4 miliardi di Euro. Una scelta che non sembra essere piaciuta a Giulio Tremonti, nonostante gli apprezzamenti formulati dalle due banche nei confronti dell’operato del governo per arginare la crisi e stabilizzare il sistema finanziario.
Le strade intraprese da Intesa Sanpaolo e UniCredit si uniscono alle scelte operate da altri istituti di credito per evitare l’adozione degli ormai celebri bond. Il gruppo guidato da Alessandro Profumo procederà all’emissione di azioni ordinarie da offrire in opzione ai soci già titolari di pacchetti azionari ordinari e ai portatori di azioni di risparmio. Salvo cambiamenti e incassato il via libera dell’assemblea dei soci, l’operazione si potrebbe concludere entro il primo trimestre del prossimo anno.
Intesa Sanpaolo ha invece confermato la propria strategia tesa a rafforzare il segmento patrimoniale e la crescita. Considerate le proprie buone prestazioni, il gruppo ha deciso di emettere circa 1,5 miliardi di Euro di Tier 1 capital e di stringere i tempi per le dismissioni totali e parziali, l’avvio di nuove partnership e le strategie legate alle quotazioni. Un piano complesso che dovrebbe consentire all’istituto di credito di affrontare i prossimi mesi con sufficienti risorse, evitando così l’adozione dei Tremonti bond.
Tali strumenti, ha però ricordato Tremonti «sono stati chiesti dalle banche non solo italiane con una pressione enorme: il Tesoro non era entusiasta di indebitarsi per sottoscrivere quei titoli. […] Le banche devono dare quei soldi alle imprese, quelle che non li vogliono, non li vogliono dare alle imprese. Le banche che li hanno avuti, come il Credito Valtellinese e Bpm, lo hanno fatto al servizio delle imprese, rispettando un codice etico, dei meccanismi di compensi controllati dal Parlamento».
Mantenendo alti i toni del confronto con le banche, il ministro ha dunque voluto ribadire un punto chiave del suo pensiero sulla questione: i bond non sono stati concepiti per aiutare le banche, ma per dare ossigeno alle imprese tramite nuovo credito. Gli istituti bancari devono dunque essere il tramite per le soluzioni espansive del credito previste dal Governo e non i primi beneficiari. Un punto ribadito in più occasioni dal ministro e in un certo senso condiviso dalla quasi totalità delle banche italiane.
Nonostante non abbiano adottato i Tremonti bond, infatti, molti istituti di credito hanno ugualmente provveduto ad attivare iniziative autonome per alleviare il periodo di sofferenza delle imprese, anche di piccole dimensioni. UniCredit, per esempio, ha avviato insieme ad alcune associazioni di categoria l’iniziativa SOS Imprese Italia, un progetto che mira a fornire una scialuppa di salvataggio per le piccole imprese messe a dura prova dall’attuale difficile congiuntura economica.
A causa della crisi, la contrazione annuale dei prestiti bancari a breve e medio periodo è stata comunque consistente e proprio su questo punto sembrano far leva le critiche di Giulio Tremonti, che avrebbe desiderato un altro tipo di risposta da parte delle banche in merito ai bond. Tuttavia, il destino di questi strumenti sembra essere ormai segnato.