La competizione nel comparto delle telecomunicazioni in Italia è ancora fragile e la deregulation del settore si muove lentamente, una condizione che di fatto favorisce l’ex monopolista Telecom a scapito della concorrenza. Sono arrivati a questa conclusione gli operatori telefonici “alternativi” riuniti dal Sole 24 Ore per un forum sullo stato delle liberalizzazione delle telecomunicazioni, iniziata circa 12 anni fa su principale spinta di Bruxelles. Dichiarazioni forti, tali da indurre il numero uno di Telecom Italia, Franco Bernabè, a rispondere fermamente respingendo le critiche ai mittenti.
«Parole in libertà, inaccettabili e offensive per la nostra azienda e per i nostri uomini» ha dichiarato l’amministratore delegato dell’ex monopolista nel corso di una intervista concessa sempre al Sole 24 Ore. Bernabè ha smentito quanto emerso durante il forum con gli altri operatori, che avevano indicato in una cifra intorno all’80% l’attuale quota degli accessi della rete fissa ancora controllati da Telecom. Una cifra molto alta, tale da indurre alcuni osservatori a parlare di una “rimonopolizzazione” del mercato.
«La quota di mercato di Telecom Italia nell’accesso non è pari all’80%, ma al 74%, dato di giugno» ha dichiarato l’AD di Telecom Italia, ricordando come tale valore non costituisca un’anomalia se raffrontato con quanto avviene negli altri paesi dell’Unione Europea. France Telecom, al centro dell’attenzione in questi giorni per la crescente spirale di suicidi tra i propri impiegati, detiene una quota pari al 79% degli accessi e il colosso delle telecomunicazioni Telefonica raggiunge una cifra che si aggira intorno ai 75 punti percentuali. Condizioni dettate da regimi di monopolio cessati progressivamente nel corso degli ultimi anni e che richiedono tempi fisiologici per l’emersione dei concorrenti.
Bernabè ha inoltre precisato come il dato generale sulle quote di accessi sia fuorviante per una analisi organica dello stato della concorrenza nel comparto delle telecomunicazioni in Italia: «Appare più significativo guardare alle realtà geografiche che interessano maggiormente gli operatori alternativi, i quali non a caso concentrano i loro investimenti in unbundling e fibra ottica solo su circa 1.500 delle oltre 10mila centrali di Telecom Italia». Stando ai dati forniti dal numero uno dell’ex monopolista, nelle aree unbundling (ovvero quelle zone nelle quali gli altri operatori pagano una quota di nolo a Telecom Italia per fornire i propri servizi sulla sua infrastruttura), che corrispondono al 60% del mercato, la quota di accessi detenuti da Telecom Italia si attesta intorno al 66%. Nelle grandi aree metropolitane, dove la concorrenza è più agguerrita, la cifra scende ulteriormente attestandosi intorno ai 50 punti percentuali.
Gli operatori alternativi contestano, però, l’eccessivo costo per l’unbundling, una condizione che rende maggiormente difficoltosa la concorrenza, specie in seguito alla decisione dell’AgCom di aumentare ulteriormente i prezzi all’ingrosso. Rilievi smentiti da Bernabè, che ha ricordato come le cifre richieste all’estero siano mediamente più care del 10%. «Mi sembra che gli sviluppi del mercato e della concorrenza stiano qui a dire che la deregulaton non marcia certo a passo ridotto. Anzi, credo che per troppo tempo le asimmetrie a favore degli operatori alternativi, ad esempio nelle procedure di migrazione, abbiano limitato la liberà di scelta dei clienti finali, creando una sorta di “concorrenza assistita”» ha dichiarato l’AD di Telecom Italia al Sole 24 Ore.
Necessariamente sulla difensiva in seguito ai numerosi rilievi formulati nel corso del forum con gli operatori alternativi, Bernabè ha inoltre ricordato l’impegno della sua società per investire crescenti risorse per la manutenzione e lo sviluppo della rete. Tale strategia si muove su due binari paralleli per consentire alla tradizionale rete di accesso in rame di mantenersi efficiente, mentre si procede intanto alla creazione di soluzioni tecnologicamente più avanzate con particolare attenzione alla banda larga.
«In Italia non si è sviluppata una rete di accesso fissa alternativa a quella di Telecom Italia, se si tralasciano gli accessi in fibra degli operatori concentrati nelle principali aree metropolitane del paese (circa 300mila accessi). Telecom Italia è quindi l’unico operatore che prima ha garantito il servizio universale sulla telefonia e dopo ha avviato un piano di “anti digital divide” per garantire anche l’accesso a larga banda alla quasi totalità degli italiani. Per quanto riguarda l’intervento pubblico, va ricordato che le risorse pubbliche sono state assegnate attraverso procedure di gara trasparenti e non discriminatorie, nel pieno rispetto della normativa europea in tema di aiuti di Stato» ha poi aggiunto Franco Bernabè, ribadendo l’impegno della società nella lotta al digital divide. Una condizione che però affligge ancora diversi milioni di utenti in numerose aree d’Italia, ancora sguarnite da una valida copertura per la banda larga sia su rete fissa che su rete mobile.
L’intervista concessa al Sole 24 Ore dimostra la ferma volontà di Bernabè di eliminare la percezione che Telecom Italia si comporti ancora come una società monopolista. Un obiettivo difficile da raggiungere e verso il quale si stanno a fatica muovendo alcune delle principali società di telecomunicazioni che in tempi e modalità diverse hanno abbandonato il regime di monopolio in Europa.