La crisi? Chiedetelo alle aziende, e avrete risposte diverse. Secondo gli intervistati da Manageritalia, è completamente alle spalle (per due aziende su dieci): superata, o addirittura mai vista. C’è invece chi ha toccato il fondo e non vede ancora segnali di ripresa (quattro su dieci). E poi c’è chi il fondo non l’ha ancora toccato, e vede un futuro prossimo ancora a tinte fosche (le restanti quattro su dieci intervistate).
La ricerca, condotta da Manageritalia (Federazione nazionale dei dirigenti, quadri e professional del commercio, trasporti, turismo, servizi, terziario avanzato) è stata pubblicata nella rivista dell’organizzazione intitolata “Dirigente” e condotta in collaborazione con Astraricerche, tra fine luglio e inizio settembre, su un campione di quasi 1.200 dirigenti italiani.
Secondo questo particolare osservatorio, per quasi la metà delle aziende (46%), il 2008 si è chiuso con un calo del fatturato, per una quarto (26%) con una sostanziale tenuta e per un 28% con un aumento. E a metà 2009 i fatturati sembrano essere colpiti ancora più pesantemente dalla crisi: in calo rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente risultano infatti i fatturati del 73% delle aziende, molti meno quelli stabili (15%) o in aumento (11%). Solo un 9% delle aziende dice di non aver avvertito la crisi. Tra quelle che, invece, la crisi l’hanno sentita (90%), solo il 4% ritiene di esserne già uscito o comunque di essere sul punto di uscirne (5,5%), mentre il 39% dice di aver superato il periodo peggiore, ma di non intravvedere ancora la ripresa. Il 32% assicura di essere nella fase peggiore della crisi, mentre per il 9% il periodo peggiore deve ancora venire.
E, per la fine del 2009, sette aziende su dieci (69%) pensano di chiudere l’anno con un fatturato in calo rispetto a quello del 2008, due con una sostanziale stabilità (17%) e una con un aumento (13%). Più rosea, ma ancora fiacca, la previsione del fatturato per il 2010 rispetto a quello del 2008, con un terzo delle aziende che prevede ancora un calo (36%), un terzo che lo vede stabile (35%) e solo un terzo che lo vede in crescita (27%).
E la coperta è corta. E allora, fatti due conti, cosa lasciare scoperto? I tagli maggiori, si legge fra le righe della ricerca, hanno riguardato le spese di comunicazione, pubblicitarie, promozionali e per eventi (59%), ma anche quelle per viaggi (58%). Ancora, a soffrire sono gli stipendi dei manager nella parte variabile (37%), le spese di formazione (33%), quelle per beni strumentali o benefit (28%).
Altri tagli hanno colpito gli stipendi dei lavoratori con accordi di solidarietà (12%) e gli stipendi dei manager nella parte fissa (10%). Poi, interventi di natura temporanea o definitiva sul personale con programmazione di periodi di ferie obbligati (49%), licenziamenti di lavoratori temporanei (27%), cassa integrazione (10%), licenziamenti di dirigenti (12%), operai/impiegati (9%) e quadri (8%), prepensionamenti (13%), riduzione del ricorso a consulenti esterni (40%).
La crisi ha anche richiesto di riconsiderare strategie (42%), avviare ristrutturazioni aziendali (29%) e rinvio di progetti di sviluppo (25%). Quanto ai manager, secondo l’indagine, solo un sesto (17%) ha avuto aumenti retributivi, meno della metà solo aumenti contrattuali (43%), ma c’è anche chi ha subito tagli alla parte fissa della retribuzione (8%), per non parlare di quella variabile (35%).
E tanti hanno perso il posto; alcuni l’hanno poi ritrovato (6%), altri sono ancora disoccupati (7%) e qualcuno ha cambiato volontariamente (5%). Ma la crisi, come emerge dalla ricerca, sembra avere anche dei lati positivi per la aziende. Per chi ha le risorse finanziarie, le capacità e la competitività, si possono cogliere opportunità di aumentare la quota di mercato (42%), progettare (25%) o introdurre nuovi prodotti o servizi (36%), migliorare l’immagine aziendale (25%), entrare in nuovi mercati nazionali (19%) ed esteri (13,5%), aumentare la conoscenza dell’azienda e del marchio (19%) e acquisire aziende concorrenti (14%).