Moda, il rilancio parte da Firenze

di Barbara Weisz

15 Giugno 2010 14:15

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Da oggi a venerdì la rassegna Pitti Uomo, dopo un 2009 che ha visto il fatturato in calo dell'11,3%. E da Ambrosetti, una ricetta anticrisi

Il 2009 per la moda maschile italiana non è stato un anno positivo e il 2010 è iniziato all’insegna della cautela. Ma il settore rilancia, partendo dall’edizione iniziata oggi di quello che è uno dei suoi appuntamenti più prestigiosi a livello internazionale, Pitti Uomo, a Firenze. Per tre giorni, fino a venerdì 18 giugno, alla Fortezza da Basso sfileranno 972 marchi, e cui si possono aggiungere le 75 collezioni donna che vengono presentate invece alla Dogana per Pitti Woman Precolletion.

Un totale di 1047 nuove collezioni, dunque, per la 78esima edizione della fiera quest’anno dedicata al “desing watching”, con un calendario di iniziative ed eventi molto sensibile ai temi dell’innovazione, dell’eccellenza anche in altri settori del Made in Italy, della creatività e della competitività delle aziende italiane.

Secondo i dati elaborati per l’occasione da Sistema Moda Italia, il calo del fatturato della moda uomo nel 2009 è stato dell’11,3%, peggiore rispetto al -9,7% atteso. Il 2010 è iniziato un po’ meglio, ma regna ancora la cautela. Buone notizie arrivano da due mercati importanti per l’Italia, come gli Stati Uniti, dove a merzo le vendite sono aumentate dell’8% (mentre il primo bimstre era rimasto negativo), e la Francia, con il pret a porter maschile in crescita dell’1,8% ad aprile (ma in calo dell’1,6% sul quadrimestre).

Nel 2009 il settore che ha registrato le perdite maggiori è stato quello delle cravatte, con una flessione del 23,3%. Nei primi mesi del 2010 si evidenziano recuperi per camiceria e maglieria.

L’export è calato del 21,3% sui mercati extraeuropei e del 12,3% nei paesi del Vecchio Continente. In totale, «uno dei peggiori risultati della storia recente della moda maschile». Mercati di sbocco strategici come Usa, Russia e Giappone «hanno accusato perdite particolarmente accentuate, pari rispettivamente a -20,8%, -31,7% e -17,2%». L’import cede il 7,7%. Il saldo commerciale è positivo per 989 milioni, ma «si riduce di oltre 560 milioni» rispetto all’anno prima.

In questo clima si inserisce Pitti Uomo. Una pattuglia di design watchers individuerà i nuovo oggetti d’autore, che devono saper coniugare spirito artignale e contemporaneità. Ci saranno nuove aree relax, installazioni dedicate al cibo, una rassegna sulla gastronomia italiana, una sezione new beat dedicata ai debutti internazionali, la prima mostra in Italia dell’artista californiana Andrea Zittel. E poi, naturalmente, il guardaroba.

Fra i primi trend emersi: la semplicità abbinata all’impiego di materiali all’avanguardia, per esempio nell’abbigliamento sportivo, la comodità (le camicie da non stirare), la versatilità: capi classici che, magari, vengono indossati volentieri anche dalle consorti.

Sulle possibili strategie anticrisi che il sistema moda può mettere in campo, si segnala lo studio strategico realizzato da European House Ambrosetti con il sostegno di Itf, Italian Textile Fashion, e Unioncamere, presentato al Forum “M2-Meridiano Moda” dello scorso febbraio. Un’analisi sul settore in Italia (più di un milione di occupati di cui oltre il 60% donne), che si conclude con una ricetta in nove punti.

Fra gli altri: promuovere l’innovazione a tutti i livelli (processi di trasformazione, prodotto, comunicazione, vendita), migliorare l’efficienza complessiva anche valorizzando nuovi modelli di business, come il “fast fashion”, la moda trendy a prezzo conveniente, diffondere l’utilizzo di patti di filiera e in genere di strumenti per migliorare la competitività,  modernizzare i modelli distributivi, magari promuovendo il coordinamento con altri settori, come il turismo. Sviluppare il capitale umano, con particolare attenzione alle professionalità manageriali e a quelle creative. Migliorare il quadro regolamentare (dichiarazione del paese d’origine, tracciabilità fasi di lavorazione, etichettatura).