La discesa delle quotazioni dell’euro ha riportato all’attenzione del dibattito internazionale il problema del futuro di questa divisa strettamente correlato al successo dell’Unione europea.
«Se l’euro fallisce non cade solo una moneta… sarà l’Europa a fallire e con essa l’idea dell’unità europea», ha dichiarato senza mezzi termini il Cancelliere tedesco Angela Merkel. La crisi dell’euro ha messo perciò in evidenza come l’UE da soggetto protagonista dei nuovi assetti mondiali rischi di dissolversi davanti all’affermazione di altre realtà geopolitiche, rappresentate da paesi emergenti e Cina.
La creazione e lo sviluppo dell’Eurozona costituisce il grado più elevato di integrazione europea. È stato il Consiglio europeo di Madrid del dicembre ’95, che ha dato il nome all’euro, a stabilire il calendario definitivo, con l’avvio della moneta unica a partire dal 1999, inizio della fase conclusiva del processo di formazione dell’Unione economica e monetaria.
Tra il 1999 e il 2002 si è realizzato un periodo di transizione nel quale l’euro compare unicamente come “moneta scritturale”, usata nell’attività contabile, finché, all’interno del nascente spazio monetario, non viene riconosciuto solo ad esso corso legale. Alla data del 1° gennaio 2002 le autorità incaricate hanno stampato 15 miliardi di banconote (valore nominale complessivo di circa 633 miliardi di euro) per una popolazione di 308 milioni di persone. Durante il 2002 l’euro si è sostituito alle valute nazionali di dodici paesi, operazione considerata la più «vasta conversione valutaria di tutti i tempi».
Contemporaneamente, gli Stati membri aderenti si sono impegnati a raggiungere i parametri di convergenza, ripresi dal Patto di stabilità e di crescita (PSC), riassunti all’articolo 109 J del Trattato di Maastricht:
- stabilità dei prezzi o criterio dell’inflazione
- sostenibilità della finanza pubblica o criterio della disciplina di bilancio
- stabilità dei cambi e dei tassi di interesse nominali a lungo termine
Nel dettaglio, queste condizioni, poste all’ingresso dell’UEM, vengono precisate nel “Protocollo sui criteri di convergenza” e nel “Protocollo sulla procedura per i disavanzi eccessivi”.
Altro importante pilastro dell’attuazione dell’ultima tappa dell’integrazione monetaria è dato dall’istituzione della Banca Centrale europea, divenuta operativa il 1° gennaio 2009, che ha assunto la responsabilità della politica monetaria dell’Unione, definita e portata avanti in euro.
Nello stesso anno, una volta perduta la sovranità monetaria da parte dei poteri nazionali, è stato sancito in modo irrevocabile un tasso di conversione fisso per ciascuna valuta nazionale, ritirata in seguito dalla circolazione. Finora sono sedici gli Stati membri ad aver adottato la moneta unica.
Ultimi in ordine cronologico ad aver aderito ad Eurolandia sono stati la Slovenia il 1°gennaio 2007, seguita da Cipro e Malta il 1°gennaio 2008 e dalla Slovacchia il 1°gennaio 2009.
Restano fuori per mancata soddisfazione dei requisiti richiesti dal trattato nove paesi. Danimarca e Regno Unito hanno negoziato una clausola di opting out, ottenendo una deroga permanente in base a cui sono esonerati dall’obbligo di partecipazione all’area dell’euro, salvo loro decisione contraria.
Grazie ad un accordo stipulato con l’Unione europea anche nella Repubblica di San Marino, nel Principato di Monaco e nello Stato della Città del Vaticano la valuta ufficiale è divenuta l’euro che ugualmente Andorra, Montenegro e Kosovo adottano senza avere però l’avallo giuridico di un formale trattato.