Balza subito all’occhio che ci sono tre settori che rappresentano un’eccezione: le costruzioni, la pubblica amministrazione, le utilities. Qui, le donne manager sono percentualmente più numerose rispetto alle colleghe in posizioni non dirigenziali. In tutte le altre aree di business, il rapporto è invece invertito.
Comunque sia, le esponenti del gentil sesso in posizioni dirigenziali sono meno numerose e guadagnano meno degli uomini. L’analisi è relativa agli Stati Uniti d’America ed è contenuta in un report dedicato alle “Donne nel managment” del Government Accountability Office, altrimenti conosciuto come “braccio investigativo del Congresso” a stelle e strisce.
Nel dettaglio, una donna manager d’oltreoceano guadagna 81 centesimi per ogni dollaro ottenuto da un collega maschio. I dati si riferiscono al 2007, quindi fotografano la situazione pre-crisi, e si confrontano con quelli di un precedente, analogo studio relativo al 2000, quando lo stipendio femminile era di 79 centesimi per ogni dollaro maschile. La differenza in busta paga si accentua se si considerano le manager con figli, che per ogni dollaro dei colleghi del sesso forte prendono 79 centesimi. Viceversa, se non hanno figli lo stipendio sale a 83 centesimi sempre per ogni dollaro degli uomini.
Le manager in rosa sono anche in minoranza numerica, il 40% per la precisione (dato sempre riferito al 2007), ed erano il 39% nel 2000, segno che la situazione non è cambiata di molto. Nel periodo in esame è restata invariata, al 49%, la percentuale di donne in posizioni non manageriali nelle aziende. Come detto sono solo tre, costruzioni, utilities e pubblica amministrazione, i settori in cui la percentuale di donne manager è maggiore di quella delle impiegate, mentre quello in cui lo scarto è maggiore, in senso inverso, è il retail, dove le donne non dirigenti sono il 51%, quindi più numerose degli uomini, mentre le manager sono il 36%.
L’incidenza della situazione famigliare risulta evidente nella parte che indaga sulla presenza femminile nelle posizioni di management. Fra i dirigenti, maschi o femmine, le donne con figli sono il 14% (ed è basso, pari al 17%, anche il numero di madri in posizioni lavorative non manageriali).
Calcolando invece il dato in rapporto al totale delle manager donne, il 63% non ha figli, mentre fra gli uomini manager sono meno numerosi coloro che non sono padri, il 57%. Fra le donne manager, poco più della metà sono sposate, il 59%, contro il 74% degli uomini. In media, in un bilancio famigliare lo stipendio femminile conta per il 55%, contro il 75% di quello maschile. Coniugare la vita privata con quella professionale, dunque, è difficile un po’ per tutti, ma in particolare per le donne.
Quanto alla relazione fra posizione manageriale e titolo di studio, fra le donne manager il 51% ha una laurea e il 19% un master, fra gli uomini invece sono più alte entrambe le percentuali, rispettivamente al 56% e al 20%. Questo non significa che il livello medio dell’educazione femminile negli Stati Uniti sia più basso di quello maschile, anzi.
Il Washington Post, riprendendo un’inchiesta del Time, sottolinea che l’anno scorso, per la prima volta, il numero delle donne con un PhD ha superato quello degli uomini, mentre per ogni due uomini che si laureano ci sono tre donne che raggiungono l’analogo titolo. E lo stesso Wahingont Post cita un’altra ricerca del GAO secondo cui fra le donne che lavorano in età compresa fra i 25 e i 64 anni il numero di laureate è triplicato dal 1970 al 2008.
Emerge dunque una differenza fra la situazione del paese e quella dei livelli di istruzione nelle posizioni manageriali. Ma anche nelle aziende si sta almeno riducendo il gap fra uomini e donne: il 51% delle manager laureate rappresenta una crescita del 6% rispetto al 45% rilevato nel 2000, mentre fra gli uomini l’aumento è stato del 3% (dal 53 al 56%), e quello delle signore che hanno conseguito un master nello stesso periodo è salito di quattr punti, contro l’1% degli uomini.