Cuba, senza Fidel verso le riforme

di Barbara Weisz

19 Aprile 2011 14:00

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Fidel Castro si ritira definitivamente, mentre Cuba riforma l'economia: investimenti stranieri, imprenditoria privata, mercato immobiliare.

Quando, nell’estate del 2006, aveva lasciato il comando al fratello Raul, per curarsi, si era tenuto la carica più importante, quella di segretario del partito comunista cubano. Ora, Fidel Castro ha rinunciato anche a quella, cedendo definitivamente il testimone al fratello. L’ormai ex “comandante eh hefe” lo aveva già annunciato nelle scorse settimane, e oggi la decisione è stata ratificata e ufficializzata al termine del Congresso del partito. Un vertice epocale per l’isola caraibica, non solo perchè segna l’addio alla politica dell’uomo che per oltre 50 anni ha saldamente tenuto le redini del potere, ma anche perchè introduce una serie di riforme economiche che, di fatto, rappresentano un’apertura definitiva a forme di piccola imprenditoria (in realtà già esistenti) e di proprietà privata.

«Raul sapeva che non avrei accettato alcun ruolo nel partito – ha scritto lo stesso Fidel su Cabanadebate.cu – mi ha sempre chiamato Primo segretario e Comandante in capo, funzioni che delegai quando mi ammalai gravemente. Non ho mai cercato di esercitarle, neanche dopo aver notevolmente recuperato la capacità di analizzare e di scrivere».

Lo scritto è relativamente sintetico, Castro si concede appena un accenno alla vittoria della rivoluzione, nel ’59, qualche breve digressione su avvenimenti degli ultimi anni (l’unico presidente americano citato è il predecessore di Obama, George Bush), sottolinea l’amicizia con il Venezuela. Parla soprattutto di Raul, in quello che è un definitivo passaggio di consegne, esprime pieno accordo sul limite di dieci anni per gli incarichi ai vertici (due mandati da cinque anni), e in genere sulle deliberazioni del congresso. E indulge un pò su se stesso: «Credo di aver ricevuto sufficienti onori. Mai ho pensato di vivere così tanti anni; i nemici hanno fatto il possibile per impedirlo, hanno cercato di eliminarmi innumerevoli volte e spesso ho collaborato con loro». Il documento è corredato da alcune foto, in cui Fidel Castro appare in tuta da ginnastica, mentre vota per il rinnovo delle cariche del congresso.

Si tratta del sesto congresso della storia del partito comunista cubano, l’ultimo si era riunito nel ’97, dopo dopo la fine del “periodo especial”, come fu chiamato il periodo di ristrettezze che seguì il crollo dell’Unione Sovietica. E si tratta del congresso che ha dato quello che si potrebbe definire via libera ideologico a una serie di forme di economia privata (che negli ultimi anni erano già permesse). Le riforme, articolate in circa 300 diversi provvedimenti, prevedono il riconoscimento di «investimenti stranieri, cooperative, piccoli contadini, usufruttuari e lavoratori autonomi».

Fino ad oggi, sono 130mila i contadini che hanno ricevuto appezzamenti di terra e sul territorio cubano negli ultimi anni sono nate 171mila piccole imprese (si tratta di piccole attività di vendita al dettaglio di prodotti artigianali, riparazioni, servizi al turista). Il governo ora prevede che entro il 2015 1,8 milioni di cubani lavoreranno nel settore privato. La riforma, nell’ottica di rendere maggiormente efficiente la macchina statale, ha stabilito anche il taglio di lavoratori statali. Fra le altre novità introdotte, la progressiva sparizione della “libreta” di razionamento, e la possibilità di acquistare case. Detto questo, il documento del congresso si apre sottolineando che la società statale socialista «resterà la principale forma dell’economia nazionale».

La politica economica «seguirà il principio che solo il socialismo può vincere le difficoltà e preservare le conquiste della rivoluzione e che nell’aggiornamento del modello economico predominerà la pianificazione, la quale terrà conto delle tendenze di mercato». Il “dopo Fidel” è ufficialmente iniziato.