Imprenditori, manager, docenti, studiosi, esperti di new media, personaggi della cultura e dello spettacolo. Sono circa un centinaio i primi firmatari di un accorato appello pubblico per un’Agenda Digitale, nato, in modo del tutto trasversale, per sollecitare il mondo della politica e delle rappresentanze economiche e sociali ad una riflessione ampia e ad interventi organici sul futuro tecnologico dell’Italia.
Una chiamata collettiva che è anche un grido di dolore, reso noto il 31 gennaio scorso dalle pagine del Corriere della Sera, con l’obiettivo, non più rimandabile, di far decollare una strategia complessiva per la digitalizzazione nel nostro Paese.
È accertato che i Paesi a più alto tasso di investimenti in innovazione digitale traggono i maggiori benefici in termini di crescita del PIL e dell’economia nazionale rispetto a quelli meno digitalizzati, tra i quali c’è l’Italia. E mentre in Gran Bretagna la web economy vale oltre il 7% del PIL e in Francia si passerà dal 3,7% del 2010 ad una stima del 5,5% entro il 2015, l’economia digitale italiana è rimasta al di sotto del 2%.
Il rischio è che, senza una reazione rapida e un progetto serio e concreto, questo ritardo diventi strutturale e difficilmente recuperabile, con un costante e inarrestabile arretramento del nostro Paese, sia dal punto di vista dell’industrializzazione che sotto il profilo culturale e della conoscenza.
Lo sviluppo digitale non è da considerare argomento di dibattito per soli “addetti ai lavori”. Anzi, come precisa Carlo Bonomi, presidente del Gruppo Terziario Innovativo di Assolombarda, il tema deve essere patrimonio di tutti.
Questo Paese deve porre tra le sue priorità l’investimento sulle nuove tecnologie quale motore principale per la ripresa economica e sociale della nazione. Oggi è necessario, non è più rimandabile, che il Paese compia un netto salto di qualità nell’approccio all’inovazione. Un salto di qualità che deve essere una combinazione tra cultura dell’innovazione, capacità di competere, organizzazione e capitale umano.
Alcuni tra i primi firmatari dell’appello si sono riuniti ieri a Milano per fare il punto della situazione, mentre buona parte dei cento giorni posti come scadenza sono trascorsi. Tra loro, Luca Colombo, country manager di Facebook Italia, ha sottolineato il senso di urgenza, l’importanza di agire tempestivamente e di non trascurare i segni di allarme, in una situazione in cui appare evidente la mancanza di un approccio generale che consenta all’Italia di colmare il gap e spiccare il necessario salto in avanti. [Continua a Pag.2 >>>]