Parmalat, via libera all’opa Lactalis

di Barbara Weisz

13 Maggio 2011 15:50

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Ok della Consob all'operazione, l'offerta partirà il 23 maggio. Sullo sfondo, l'inchiesta per insider trading e aggiotaggio: il ruolo dei due coniugi.

L’offerta pubblica di acquisto di Lactlais su Parmalat partirà il 23 maggio e si concluderà l’8 luglio. Oggi è arrivato l’atteso via libera della Consob al prospetto informativo dei francesi che vogliono il 71% delle azioni del gruppo di Collecchio, di cui possiedono già il restante 29%.

Come già si sapeva, il prezzo sarà di 2,6 euro per azione in contanti. Manca ancora il pronunciamento del consiglio di amministrazione di Parmalat, che ieri si è riunito per approvare i conti, e che prevedibilmente sarà convocato per martedì prossimo, 17 maggio.

Sullo sfondo della vicenda finanziaria, l’inchiesta della Procura di Milano che in realtà riguarda un passaggio precedente a quello dell’opa: la vendita del 15,3% del capitale di Parmalat dai fondi esteri (MacKenzie, Skagen e Zenit) a Lactalis dopo la quale i francesi arrivarono al 29%.

Sono indagati quattro dirigenti: Fabio Canè, responsabile dei progetti speciali e del private equity della divisine Corporate and Investment Banking di IntesaSanpaolo, è accusato di insider trading mentre per la moglie Patrizia Micucci, capo dell’investment banking italiano di SocGen, Carlo Salvatori, presidente di Lazard Italia, e Massimo Rossi, amministratore delegato ad interim nella lista dei fondi esteri per il cda di Parmalat, viene ipotizzato l’aggiotaggio. Risultano anche indagati le persone giuridiche Intesa SanPaolo, SocGen e Lazard, sulla base della legge 231 del 2001 sulla responsabilità amministrativa degli enti.

L’indagine della procura ruota sostanzialmente intorno al fatto che Fabio Canè e Patrizia Micucci, che sono appunto marito e moglie, hanno gestito l’operazione sulle sponde opposte, lei per SocGen, consulente di Lactalis, lui per Intesa, impegnata a individuare una cordata alternativa i francesi. Canè guidò le trattative con i tre fondi per conto della cordata italiana, che però fu bruciata sul tempo dai francesi, che il 22 marzo rilevarono il pacchetto. L’ipotesi è che il manager abbia passato alla moglie informazioni riservate relative al prezzo che avrebbe consentito ai francesi di fare un’offerta migliore.

L’inchiesta è partita da un esposto dell’amministratore delegato di Parmalat, Enrico Bondi, ed è stata aperta il 25 marzo, quindi dopo l’operazione. Societè Generale ha subito fatto sapere che la banca «collabora pienamente con le autorità, mentre l’AD di Intesa, Corrado Passera, ieri ha sottolineato che il coinvolgimento dell’azienda “fa parte della routine” ed è “automatico”, aggiungendo la convinzione che “non ci siano stati comportamenti» lesivi degli  interessi dell’istituto.

I fatti saranno accertati dall’inchiesta, che dovrà prevedibilmente anche staibilire se e quanto fosse opportuno che due coniugi avessero incarichi tanto delicati su fronti contrapposti e valutare l’effettiva solidità di una cordata italiana che in realtà non si è mai concretizzata.