Tremonti rilancia sulla manovra, promossa dal Fmi

di Barbara Weisz

13 Luglio 2011 12:30

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Sarà rafforzata per tutti i prossimi quattro anni. Approvazione attesa per venerdì. L'analisi di Draghi. Il Fmi promuove l'Italia. Mercati in rimbalzo

«Il  decreto per il pareggio di bilancio sarà rafforzato per tutto il quadriennio e approvato entro venerdì». Parola del ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, davanti ai banchieri riuniti oggi per l’assemblea annuale dell’Abi. E nella stessa occasione la manovra che approda in aula dopo il via libera del governo viene definita «un passo importante nel processo di risanamento dei conti pubblici» da Mario Draghi.

Ma, avverte il governatore della Banca d’Italia nonchè prossimo presidente della Bce, i mercati vogliono certezze a lungo termine, e quindi ora bisogna «definire in tempi rapidissimi» le «misure ulteriori» per conseguire il pareggio nel 2014. Senza ulteriori tagli, non si potrà evitare un aumento delle tasse.

La giornata di oggi è caratterizzata da un progressivo rasserenamento del clima. Se ancora ieri mattina Piazza Affari apriva per l’ennesima volta con indici in caduta libera dopo un venerdì nero e un lunedì ancora più traumatico, oggi il mercato prosegue invece all’insegna di un rimbalzo partito ieri al giro di boa. Il listino milanese nel primo pomeriggio viaggia con un progresso vicino al 2% e registra uno degli andamenti migliori in Europa, dove gli indici sono comunque stabilmente positivi. E continua a ridursi lo spread fra i titoli a dieci anni e il bund tedesco, in mattinata intorno ai 275 punti base (nei giorni scorsi aveva toccato un top sopra i 350 punti).

Tremonti mentre rilancia sul fronte della manovra davanti ai banchieri insiste sulla natura “sistemica” di una crisi che esce dai confini nazionali e che è anche il risultato di «tre anni persi» sul fronte delle nuove regole. E aggiunge che, passata questa fase di crisi acuta, l’Italia dovrà riprendere la strada delle privatizzazioni.

Quanto a Draghi, ha messo in luce due aspetti: la necessità di far presto sul fronte dei conti, e quella di non dimenticare la crescita. L’impianto della correzione è «opportunamente basato su tagli delle uscite» ma ora bisogna fare presto nel definire le nuove misure perchè «se non si incide anche su altre vosi di spesa, il ricorso alla delega fiscale e assistenziale» previsto dalla manovra non riuscirà ad «evitare un aumento delle imposte». In secondo luogo, «alla correzione degli squilibri di finanza pubblica si deve accompagnare un innalzamento del potenziale di crescita della nostra economia, mediante la messa in campo tempestiva di politiche strutturali incisive e credibili, con comportamenti coerenti di tutti i protagonisti della vita politica e produttiva».

Draghi elenca i punti di forza dell’Italia: indebitamento del settore privato e debito netto del paese verso l’estero entrambi contenuti, banche solide (e uscite meglio di alcuni grandi istituti esteri dalla crisi degli anni scorsi), e risorse fondamentali per la crescita come iniziativa individuale, capacità di innovare, energia nel lavoro.

Infine, altre due boccate d’ossigeno sul fronte delle analisi. Il Fondo Monetario Internazionale nel rapporto annuale definisce la manovra del governo «un passo importante per ridurre il deficit», apprezza l’impegno del paese sui conti pubblici, ma avverte l’Italia deve anche puntare su una «crescita sostenuta», vera chiave di volta per ridurre il peso del debito pubblico. Quindi, le politiche economiche devono proseguire sulla strada dei tagli alla spesa, mantenere la stabilità del settore finanziario e rilanciare la crescita.

E un segnale positivo arriva persino da Moody’s, una delle agenzie agenzie di rating che nelle scorse settimane ha messo il nostro debito sotto osservazione. Ora il responsabile rating sull’Italia, Alexander Kockerbeck, intervistato dal Messaggero, esprime fiducia nel fatto che «che l’Italia abbia a portata di mano la possibilità di cambiare trend», sottolinea che i passi da compiere sono «più piccoli rispetto a quelli necessari ad altri paesi» e che «i fondamentali dai quali può nascere una storia di contagio in Italia semplicemente non ci sono».