Con la diffusione degli e-book, cambia la fruizione della conoscenza. Per questo motivo, ha destato come sempre attenzione e curiosità la notizia che Ikea – società che di marketing se ne intende – ha deciso la modifica della celeberrima libreria “Billy”, rendendola più robusta e adatta ad ospitare non più libri, ma suppellettili e oggetti d’arredo.
Del resto i libri diminuiscono nelle case degli italiani e Ikea deve continuare, anche tradendo in parte la storia di questo suo diffusissimo prodotto – a restare con le orecchie attente all’evoluzione della società e dei consumi. La conoscenza è infatti sempre più legata al digitale: le enciclopedie sono scomparse dall’orizzonte sostituite da Wikipedia e le applicazioni pensate per la scuola (insieme al mercato dei testi scolastici usati) hanno preso piede per un sapere sempre più in divenire ed affrontato in forma collaborativa. Gli e-book cominciano infine ad essere diffusi e Amazon dichiara di aver superato la soglia secondo la quale la vendita dei testi digitali è più consueta di quella dei libri cartacei.
La riflessione, però, è a latere di questa notizia e riguarda il ruolo degli editori tradizionali. E’ infatti attiva da settembre la Legge Levi voluta proprio dagli editori che impone una limitazione agli sconti applicabili e che certo è pensata per porre un freno all’imporsi di Amazon in Italia. Il quesito è se questo cambiamento non possa tradursi in una diminuzione complessiva della lettura nel nostro Paese che già, su questo fronte, non brilla.
La risposta di Amazon non si è fatta attendere: il gigante di Seattle ha subito aperto anche in Italia il marketplace attraverso il quale terze parti (privati e librerie) potranno vendere testi non soggetti ai limiti imposti dalla legge. Questa piattaforma funziona all’estero al punto che un terzo del fatturato strabiliante del principale sito di e-commerce è realizzato in questo ambiente.
Avranno pertanto successo gli editori nel limitare i danni ricevuti dall’ingresso di Amazon in Italia? Certamente le librerie continueranno a soffrire ed è evidente che dovranno continuare a investire, oltre che nella shopping experience (spazi di intrattenimento e di consumo interni al locale, luoghi di ascolto e di lettura), anche nel valore aggiunto che i commessi devono rappresentare: conoscenze della materia, cortesia, assistenza al cliente.
Lo capiremo nel prossimo futuro: di certo però l’esperienza americana mostra come intere catene di librerie stiano chiudendo. L’importante è che non chiuda però il cervello del Paese e il suo gusto per la lettura.