I retroscena del “j’accuse” di Della Valle

di Liliana Adamo

7 Ottobre 2011 09:00

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Se un imprenditore acquista pagine di quotidiani per inveire contro la classe politica, c'è un'incrinatura fra imprese e istituzioni.

Non si placa il turbinio di critiche dopo il “j’accuse” del proprietario della Tod’s e patron della Fiorentina calcio, Diego Della Valle. “Politici, Ora Basta”, durissimo il monito contro tutti gli esponenti dell’establishment di destra e sinistra, pubblicato sulle pagine centrali di buona parte dei quotidiani e arrivato a ridosso dell’ultimatum di Confidustria: “O si fanno le riforme, o il governo vada a casa”, profferito appena qualche giorno fa, da Emma Marcegaglia.

Un manifesto volutamente apolitico e inaspettato per un imprenditore, esponente del “Made in Italy” (anche se con alcune fabbriche in Romania), definito tanto ricco quanto snob, che s’inserisce a fagiolo in quello che sembra essere un vero scontro istituzionale fra il ministro Maroni e il presidente della Repubblica; non solo, una mossa popolar strategica in un momento molto delicato per la politica italiana, alle prese con un impulso anti-casta che sembra aver conquistato ampi strati d’opinione pubblica.

Al di là delle note dissonanti, il commento al vetriolo di Ignazio La Russa in testa “Della Valle ha bisogno di pagare per farsi ascoltare” o tagliente di Rosy BindiMi rispetti almeno come consumatore…” indicando le scarpe che indossava. “Sarò una rara eccezione? Decida…”. Intanto ci si chiede, da più parti, quali siano in realtà i retroscena di un gesto che ha destato tanto clamor. L’interessato nega l’esistenza di una trama recondita, sebbene il primo pensiero vada al suo “equivalente”, Luca Cordero di Montezemolo e a una formazione di terzo polo centrista.

Sulla crescente insofferenza che si è instaurata tra mondo del lavoro e dell’impresa nei confronti dell’attuale classe politica, la valutazione di Susanna Camusso sembra chiarire alcuni punti chiave “…Da un lato è indicativo della difficoltà che ha il paese e del giudizio che gli imprenditori riscontrano quando vanno all’estero; dopo di che penso ci siano responsabilità precise del governo…” E tuttavia, secondo il segretario della Cgil, esiste “un problema vero” rappresentato da un’intera classe dirigente, che per lungo tempo ha preferito applaudire in un silenzio “corresponsabile”, mentre oggi sembra risvegliarsi improvvisamente nel bel mezzo di una crisi profonda. “Il silenzio delle imprese è stato un segnale preoccupante…”.

Lo stesso Della Valle biasima pesantemente quella “parte del mondo economico con gravi responsabilità della condizione in cui ci troviamo: per troppo tempo ha avuto rapporti con tutta la politica (in base alle opportunità e alle loro convenienze del momento) sostenendola in tanti modi, senza mai richiamarli al senso del dovere e nell’interesse dell’Italia…”.

E allora, in un momento in cui Moody’s declassa nuovamente il debito e Confidustria non è stata mai così in guerra con un governo di centrodestra, un imprenditore (anche famoso), può non rivendicare il diritto di manifestare il proprio dissenso, acquistando pagine di giornali ed esprimere, in modo tangibile, la sua protesta? Retroscena o no, di certo, dietro il gesto di Della Valle si ravvisa anche quel malessere crescente per un paese che si sente in ostaggio e a cui serve un drastico ricambio.