L’agenzia Fitch ha minacciato il probabile declassamento del rating dell’Italia a causa del debito pubblico che il Paese ha e il quale è stato indicato come potenzialmente esplosivo. Secondo quanto diffuso da David Riley, uno dei responsabili dei rating dei diversi paesi, esiste una significativa possibilità che entro fine mese venga tagliato il voto all’Italia, che giungerebbe ad un A+, un gradino superiore all’A2 di Moody’s e alla A di S&P, le tre “sorelle” del rating.
Secondo Riley, servirebbe all’Italia «una credibile rete di protezione» europea per rimuovere il premio di rendimento (dei titoli di Stato, ndr) dovuto alla crisi, cosa che attualmente non c’è e pertanto crea una seria preoccupazione sull’Italia anche se «non dovrà ristrutturare il suo debito». Un default segnerebbe infatti l’inizio della fine dell’Euro, ma «l’Italia è troppo grande per essere lasciata fallire».
Si dovrà pertanto attendere quando Fitch terminerà il riesame sull’Italia avviato lo scorso dicembre, così come avverrà anche con Spagna, Belgio, Irlanda, Slovenia e Cipro, ma non Germania e Francia, per le quali Riley ha escluso la perdita della tripla A. Di questi tempi, le parole del direttore del comparto Rating Sovrani dell’agenzia avrebbero probabilmente dovuto trasformarsi in una bomba per i titoli del Tesoro e per le azioni delle banche, eppure a Piazza Affari nulla si è smosso in modo negativo: ci si è concentrati sui mercati asiatici e ai segnali positivi dell’economia, ignorando persino la Tobin Tax.
Il probabile declassamento dell’Italia è stato tra l’altro denunciato dal Pdl e Pd come un vero e proprio “terrorismo finanziario” che non spaventa i mercati, anzi: a Piazza Affari si è potuto contare sul gran recupero delle banche con Unicredit in crescita del 6% e giunta a 2,424 euro, seguita da quasi tutti gli altri bancari tranne Mps. Uno spread rimasto a livelli elevati e rimasto sotto i 530 punti.