Incostituzionale per alcuni, rivoluzionaria per altri, la riforma del lavoro (o, per lo meno, di alcuni suoi aspetti) adottata all’interno della Regione Lombardia rischia di complicare ulteriormente il panorama sociale intorno alla revisione dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, e alla più complessiva riscrittura della nostrana base giuridico – occupazionale.
La Giunta regionale ha infatti approvato il Progetto di legge “Misure per la crescita, lo sviluppo e l’occupazione” all’interno del quale spicca la spinta verso l’agevolazione della contrattazione collettiva di secondo livello (con la Regione che vorrebbe farsi protagonista della conclusione di accordi locali con i sindacati e le imprese, introducendo nuove iniziative flessibili per l’accesso e la gestione dei rapporti lavoratori).
Come riportato dal quotidiano Il Giornale nelle ultime giornate, tuttavia, la norma che rischia di scatenare le maggiori critiche (o i più significativi appoggi, a seconda di come la si pensi) è quella relativa alle indennità di terminazione. In altri termini, il lavoratore e l’impresa possono accordarsi liberamente, affinchè la seconda preveda il pagamento di una buonauscita nei confronti del primo, nell’ipotesi di cessazione del rapporto di lavoro. Una indennità che non potrà che essere commisurata alla durata e alle caratteristiche della stessa relazione lavorativa, ispirata da una ricerca di maggiore elasticità sul fronte delle risoluzioni dei contratti a tempo indeterminato.
Articolo 18 (parzialmente) abbattuto, quindi? Non proprio. O almeno, così vuol lasciar intendere il presidente Roberto Formigoni, che in proposito delle novità del progetto di legge chiarisce come le stesse non siano “un interveneto a gamba tesa”, bensi “un aiuto a quello che si sta facendo a livello nazionale: se le cose vanno bene e con un largo consenso in Lombardia, possono probabilmente andare bene anche al resto dell’Italia”.
Come riportato sulle pagine de Il Giornale, Formigoni sembra voler aprire le porte a una nuova era del mercato del lavoro, maggiormente improntata alla flessibilità. In caso contrario, spiega il governatore, “rischiamo di fare la fine della Grecia. Dobbiamo aumentare l’attrattività delle nostre imprese, la competitività dei nostri prodotti, fare in modo che ci siano più posti di lavoro”.
Il provvedimento che prevede la possibilità di intesa tra lavoratore e azienda in caso di terminazione della relazione occupazionale dovrà ora passare in Consiglio Regionale. Un passaggio che si preannuncia tutt’altro che facile e indolore, visto e considerato che fin dalle ore successive alla pubblicazione del progetto di legge, i sindacati hanno avuto modo di esprimere la loro contrarietà all’iniziativa. Contrarietà che è ad ogni modo frammentata, con la Fiom Cgil che lancia ipotesi di incostituzionalità sul progetto (“le Regioni non hanno potere in materia”, sottolinea il sindacato) e le posizioni più morbide di Cisl e Uil.