Crisi greca, il premier rinuncia al suo stipendio

di Giuseppina Di Martino

5 Marzo 2012 07:30

In un momento difficile per l'economia della Grecia, anche il premier Loukas Papademos, ha rinunciato al suo stipendio.

La grave crisi economica che sta martoriando la Grecia e che, tra le diverse conseguenze, ha portato alla drastica riduzione degli stipendi e delle pensioni dei dipendenti pubblici non ha lasciato indenne le più alte cariche istituzionali che hanno deciso di dare il buon esempio.

Dopo il presidente Carolos Papoulias che ha rinunciato a 280 mila euro di compenso per l’incarico 2012, anche il premier Loukas Papademos ha infatti rinunciato al suo stipendio fin dalla nomina, lo scorso novembre.

La notizia, finora non circolata, è stata confermata dallo stesso Papademos che, al margine di una conferenza stampa tenuta a Bruxelles dove si trovava per incontrare il presidente della Commissione europea, Jose Manuel Barroso, interpellato da un giornalista ha confermato che la rinuncia al salario è stata una “decisione personale” motivata “dalla crisi che colpisce la società greca”.

Il presidente non voleva che la notizia fosse resa nota e a quanto pare neanche i suoi più stretti collaboratori ne erano a conoscenza.

Laurea in fisica, master in ingegneria elettrica e dottorato in economia, ha dapprima intrapreso la carriera accademica presso la Columbia University dove ha insegnato economia per poi assumere l’incarico di economista capo presso la Banca di Grecia, divenendone poi vice-governatore nel 1993 e governatore nel 1994.

Papademos è  stato vicepresidente della Banca Centrale Europea dal 2002 al 2010 e  oggi dirige un governo di salvezza nazionale sostenuto da una maggioranza bipartisan.

Ed è proprio per il suo attuale incarico che si trovava a Bruxelles insieme ai ministri delle Finanze europei per discutere del secondo programma di aiuti internazionali alla Grecia che potrebbero farla scampare da un default disordinato.

I governi europei hanno deliberato a favore del salvataggio della Grecia già il 21 febbraio scorso. Il nuovo piano di salvataggio, che prevede una svalutazione di circa 100 miliardi di euro di debito greco, ha un prezzo molto alto da pagare, ma necessario per evitare un collasso finanziario che potrebbe portare alla fine dell’intera area euro.

Intanto mentre l’economia greca continua a contrarsi ed è destinata a ridursi ancora nel 2012 per il quinto anno consecutivo, le misure di austerity vengono varate una dietro l’altra. Non ultima il via libera alla riforma della sanità, come richiesto dall’Unione europea e dal Fondo monetario internazionale. La spesa per la sanità, infatti,  vale da sola 25 miliardi di euro di uscite l’anno.