Retribuzione parlamentari, la Commissione Giovannini si dimette

di Massimiliano Santoro

5 Aprile 2012 12:00

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La Commissione Giovannini di dimette: impossibile paragonare - e quindi uniformare - gli stipendi pubblici in Italia con quelli della Ue.

Tutto da rifare: dopo mesi di analisi e riflessioni la Commissione governativa per il livellamento retributivo Italia-Europa dei dipendenti pubblici ha rimesso il mandato nelle mani del Governo. Motivo? I dati non sono confrontabili, come ha segnalato il presidente Istat Enrico Giovannini e il gruppo di lavoro da lui presieduto.

Il suo rapporto, che avrebbe fatto da parametro per gli stipendi degli organi costituzionali e degli enti della Pubblica amministrazione, non ci sarà.

A conclusione di un lungo e articolato comunicato di accompagnamento alla pubblicazione del rapporto finale riferito al 2011 si spiega che “la Commissione segnala al Governo l’opportunità di riconsiderare la normativa vigente, la quale appare obiettivamente di difficile (se non impossibile) applicazione. A tale proposito, si segnala che la normativa prevede, entro il 30 giugno 2012, la pubblicazione dei dati riferiti all’anno in corso, operazione che richiederebbe l’avvio immediato di una nuova raccolta di dati presso le autorità nazionali dei 6 Paesi considerati”.

“Alla luce dell’esperienza maturata e delle evidenti difficoltà incontrate nello svolgimento dei propri lavori, anche a causa della formulazione della normativa vigente – si legge nel comunicato – la Commissione ritiene doveroso rimettere il mandato ricevuto. Il presidente della Commissione, indicato dalla legge nel Presidente dell’Istat, rimane necessariamente in carica. Qualora il Governo ritenesse che la Commissione debba proseguire nei suoi lavori, lo si invita ad esprimere tempestivamente il proprio orientamento, anche procedendo ad una nuova nomina dei suoi membri”.

Ma perché la Commissione è arrivata ad una simile decisione? La scelta di rimettere il mandato viene giustificata dal fatto che “le attività di raccolta e analisi dei dati sono subito apparse molto più complesse e difficili di quanto si fosse, pur cautelativamente, ipotizzato. Nonostante l’intenso lavoro svolto nei mesi scorsi, i vincoli posti dalla legge, l’eterogeneità delle situazioni riscontrate negli altri paesi e le difficoltà incontrate nella raccolta dei dati non hanno consentito alla Commissione di produrre i risultati attesi”.

Inoltre, solo in nove casi su 30 “è possibile stabilire una buona corrispondenza tra le istituzioni e gli enti italiani e quelle di tutti e 6 i paesi considerati. Per 15 si riscontra la presenza di enti “omologhi” soltanto in alcuni paesi, per altri sei si riscontra l’assenza di enti “omologhi” in tutti i paesi. Per nessuno dei nove enti in cui si è trovata una corrispondenza è stato possibile acquisire, per tutti e sei i paesi i dati necessari, né dati con la precisione richiesta, né comunque dati ragionevolmente affidabili sotto il profilo statistico”.