Italia, disoccupazione record

di Carlo Lavalle

2 Maggio 2012 09:30

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Situazione difficile per l'occupazione in Europa e nel mondo secondo l'Onu; male anche l'Italia: rischio austerity e pericolo di disordini sociali.

Cresce la disoccupazione nel mondo e in Italia secondo il “Rapporto sul mondo del lavoro 2012” a cura dell’ILO (International Labour Organization), agenzia delle Nazioni Unite.

A livello internazionale il mercato del lavoro ha subito un rallentamento a causa della crisi economica globale non riuscendo a recuperare milioni di posti rispetto alla situazione pre-crisi. Le tendenze più preoccupanti si riscontrano nell’Unione europea dove dal 2010 i disoccupati sono cresciuti nei 2/3 dei paesi membri.

Tuttavia, anche in Giappone e negli Stati Uniti “siamo in una fase di stallo”, sottolinea il rapporto. Il deficit di occupazione è elevato nei Paesi arabi e in Africa. Gli squilibri stanno diventando sempre più strutturali, quindi difficili da sradicare. Per i disoccupati di lungo periodo il rischio è l’esclusione definitiva dal mercato del lavoro. Allo stesso tempo, per molti soggetti la condizione lavorativa diviene più instabile e precaria. Donne e giovani rappresentano le categorie più colpite. In particolare, i tassi di disoccupazione giovanile sono aumentati nell’80% delle economie avanzate e nei 2/3 di quelle in via di sviluppo. Il lavoro, inoltre, comincia ad essere meno dignitoso e il pericolo di disordini sociali si intensifica stando al Social Unrest Index calcolato su 106 nazioni.

Secondo l’ILO l’indirizzo di taglio ai bilanci statali intrapreso in diversi paesi ha creato una trappola dell’austerità portando ad una debole crescita economica, ad una contrazione del credito, a minori investimenti e ad una emorragia occupazionale. Le economie che hanno applicato deregolamentazione e austerity su scala più ampia, specialmente quelle dell’Europa meridionale, sviluppo economico e occupazione hanno continuato a deteriorarsi.

In Italia il tasso di disoccupazione durante il 4° trimestre del 2011 è passato al 9,7% facendo registrare un aumento dell’1,9% rispetto al 2010 e rappresentando il punto più alto dal 2001. Il tasso reale di disoccupazione potrebbe risultare addirittura superiore, poiché ai quasi 2,1 milioni di disoccupati si aggiungono 250.000 lavoratori in cassa integrazione. Sono i giovani a pagare il prezzo più alto: i disoccupati in questa categoria salgono al 32,6% nel 4° trimestre del 2011 con una cifra raddoppiata dall’inizio del 2008.

Sempre nello stesso periodo di tempo la disoccupazione di lunga durata arriva al 51,1% del totale dei disoccupati. Molti lavoratori poi escono completamente dal mercato del lavoro: nello scorso anno, il tasso dei lavoratori che non cercano più lavoro ha raggiunto il 5% del totale della forza lavoro. Altro aspetto che desta inquietudine sono i numeri relativi giovani che non studiano, non lavorano e non frequentano corsi di formazione (NEET) : il fenomeno ha toccato il livello allarmante di 1,5 milioni. D’altra parte continua a crescere il lavoro precario mentre l’Italia è entrata nella seconda fase di recessione consecutiva dall’inizio della crisi globale.

A completare il quadro, si nota la contrazione del consumo privato, gli stipendi crescono meno dell’inflazione, e la diminuzione del tasso di investimento. Oltre tutto, il debito pubblico è passato nel 2011 al 120% dal 103% rispetto al PIL del 2007 e il governo ha, per ridurre il deficit, inasprito la pressione fiscale che dovrebbe giungere nel 2012 al 45% essendo nel contempo la spesa pubblica scesa del 2% tra il 2009 e il 2011.

Secondo l’ILO le “misure di austerità rischiano di alimentare ulteriormente il ciclo della recessione e di rinviare ancora l’inizio della ripresa economica e il risanamento fiscale”. Occorrerebbe trovare un equilibrio tra risanamento dei conti e rilancio dell’occupazione. Gli investimenti pubblici possono costituire una leva per stimolare la domanda interna e compensare gli effetti negativi delle misure di austerità. D’altro canto andrebbe ridotto il divario tra inflazione, produttività e stipendi in modo da redistribuire il reddito per favorire una maggiore coesione sociale e la crescita degli investimenti.

Sarebbe importante anche che le PMI potessero avere maggiori opportunità di credito. Per per creare posti di lavoro si potrebbero avviare meccanismi adeguati di protezione dell’occupazione, superare la segmentazione del mercato del lavoro così da ridurre il lavoro precario, soprattutto per i giovani. Infine investendo e promuovendo politiche attive del mercato del lavoro si potrebbero migliorare i risultati occupazionali con costi aggiunti limitati.