Le scosse di terremoto che si sono verificate in Emilia Romagna in particolare, ma comunque in tutto il Nord Italia, stanno avendo terribili ripercussioni sulla popolazione. Ma le conseguenze non finiscono qui, come ha spiegato il neopresidente di Confindustria, Giorgio Squinzi.
L’Emilia Romagna è una zona altamente produttiva e pertanto il terremoto avrà un impatto negativo sul Pil nazionale. Lo ha sottolineato Squinzi, spiegando che «ho letto questa mattina sui giornali che ci potrebbe essere un impatto sul Pil dell’1%. Credo che assisteremo a un fermo dell’attività produttiva di 3-4 mesi, quindi, ci sarà sicuramente un impatto sul Pil».
Tanti i problemi sottolineati dal presidente di Confindustria: «Questo Paese deve ritrovare la via della crescita, perché solo attraverso la crescita potrà combattere contro il più grave problema sociale che è quello della disoccupazione e in modo particolare della disoccupazione giovanile. Se non facciamo qualcosa rischiamo di perdere una o forse anche generazioni di giovani», ha ammonito Squinzi, e questo sarebbe «un elemento tragico del nostro Paese e ci condannerebbe a un declino, forse lento ma inevitabile».
Anche Susanna Camusso, leader della Cgil, è intervenuta per parlare delle tematiche a cuore dei lavoratori colpiti dal terremoto italiano. Era noto già in passato che la zona era decisamente definibile come sismica, e pertanto la Camusso ha spiegato che «questo mi fa pensare che non si è provveduto alla messa in sicurezza degli stabilimenti prima di far tornare le persone al lavoro».
Si preme sulla questione della morte degli operai, una tragedia evitabile con le giuste precauzioni, e secondo Raffaele Bonami, il segretario generale della Cisl, «è inconcepibile che a distanza di così pochi giorni dal precedente sisma, non si sia agito per accertare la reale stabilità e la sicurezza dei capannoni. Quei lavoratori, non sarebbero dovuti essere lì».
Si affronta pertanto la questione capannoni, che sono crollati: alcuni hanno puntato il dito contro chi si è occupato della costruzione degli stessi, definiti “di carta velina” a sottolinearne la fragilità, ma Squinzi ha specificato che a suo parere «non è vero che sono crollati capannoni di carta velina, quelli nel settore della ceramica erano signori capannoni, costruiti con tutti i crismi. Quindi mi sembra che i crolli siano da attribuire alla fatalità». Questo crollo però pone in molti dei problemi di sicurezza sui criteri di costruzione, che andranno approfonditi.