Bankitalia: buste paga ferme, +29 euro in 10 anni

di Teresa Barone

23 Luglio 2012 12:00

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Stipendi quasi fermi in 10 anni soprattutto al Sud e per le lavoratrici donne, mentre calano le assunzioni a tempo indeterminato.

Le retribuzioni dei lavoratori dipendenti italiani sono aumentate di soli 29 euro in dieci anni, dal 2000 al 2010: lo afferma la relazione annuale stilata da Bankitalia, che informa sulle conseguenze della crisi economica e dei tagli che hanno gravato sulle buste paga sia nel settore pubblico sia nel privato.

Secondo Bankitalia le retribuzioni medie reali nette sono passate da 1.410 a 1.439 euro dall’inizio del nuovo millennio al 2010, con un lieve incremento pari al 2%. A essere maggiormente penalizzate dal blocco degli stipendi sono le regioni del Sud Italia, nelle quali l’incremento è stato pari allo 0,7% (9 euro in più passando dai 1.267 euro ai 1.276 euro), mentre al Nord i salari hanno subito un aumento del 2,5% in dieci anni (da 1.466 euro a 1.503 euro, con un conseguente incremento di 64 euro).

Per quanto riguarda gli effetti della crisi sulle retribuzioni, se nel 2006 gli stipendi medi avevano raggiunto 1.489 euro, nel 2008 sono calati fino a 1.442 euro, mentre nel 2010 sono diminuiti ancora portandosi a 1.439 euro. Meno 50 euro in quattro anni, quindi, senza considerare che a farne le spese sono state soprattutto le lavoratrici donne, con un aumento salariale che ha visto le buste paga femminili lievitare di solo 35 euro in dieci anni, contro i 47 euro in più percepiti dai colleghi uomini.

Il rapporto di Palazzo Koch, unitamente all’indagine Excelsior promossa da Unioncamere e dal Ministero del Lavoro relativamente al terzo trimestre del 2012, illustra anche la situazione delle assunzioni nella penisola, mostrando come solo in 2 casi su 10 i datori di lavoro promuovano contratti a tempo indeterminato, mentre continuano a proliferare i contatti di lavoro atipici e temporanei: da luglio a settembre, ad esempio, sono previste 159 mila nuove assunzioni, delle quali sono il 19,8% sarà a tempo indeterminato, contro il 28,3% stimato nello stesso periodo del 2011.