Nei dati statistici dell’Istat su base trimestrale, in Italia la disoccupazione ha raggiunto il tasso più alto dal 1999, a causa soprattutto del calo nelle grandi aziende, dove l’aumento è stato dello 0,2%, al lordo dei dipendenti in cassa integrazione; cresce poi il numero dei disoccupati tra i 15 e i 24 anni (-1,5 milioni di unità in 5 anni), mentre è record per i disoccupati nell’eurozona, 11,3%, vale a dire 18 milioni di persone rimaste senza lavoro. E’ questa, in sintesi, la realtà nuda e cruda: l’Italia non supera la crisi, il tasso di disoccupazione non si arresta, anzi è in crescita con 2,7 punti percentuale su base annua. Dati analoghi anche per i precari (con contratti a termine e collaborazioni), che raggiungono la quota dei 3 milioni.
A pagare il prezzo più alto sono ancora i giovani: senza lavoro quelli tra i 15 e i 24 anni, aumentati a luglio del 35,3%, più 1,3 punti percentuali sul mese di giugno e più 7,4 su base annua; in cima alla classifica restano le ragazze del sud, con un picco del 48%. Sulle nuove generazioni grava una vera e propria debacle sociale, poiché, nel quadro più pessimistico, il trend over 25 sembra triplicarsi rispetto a quello complessivo. Sono 618mila le persone in cerca di lavoro, cui il 10,2% rientra in questa fascia d’età.
E non crescono neanche gli occupati a tempo indeterminato, fermi a 23 milioni circa. Altro dato complementare a una qualsivoglia stabilità occupazionale, è sintesi, secondo l’Istat, di una presenza maschile in calo rispetto a quella femminile, con l’indice che rimane al 57,1%, mentre diminuiscono (ma soltanto dello 0,2%), gli inattivi tra i 15 e i 64 anni, rispetto al trimestre precedente.
L’aumento degli occupati stabili con almeno 50 anni d’età, si pone in contraddizione al calo occupazionale (sempre calcolato su base annua), di quei lavoratori più giovani, dai 35 ai 40, per intendersi. Elemento sconcertante è nella tendenza in basso dell’occupazione italiana, in contrasto all’incremento di quella straniera: -133mila rispetto alle +85mila unità. Tuttavia, c’è da indicare il raffronto col secondo trimestre del 2011, con l’occupazione italiana rimasta sostanzialmente stabile rispetto a quella degli immigrati che segna una nuova, significativa riduzione, dal 63,5 al 61,5%.
Per gli scenari socio-economici d’Eurolandia, il discorso non cambia; la disoccupazione è salita all’11,3%, un record dalla nascita della moneta unica. L’Eurostat ha rivisto le sue previsioni con un tasso in rialzo rispetto a giugno; livelli record per 27 paesi della moneta unica, dove il numero dei disoccupati raggiunge ormai una quota pari a 25,254 milioni. Un dato impressionante se si pensa che, appena un anno fa, l’indice dei senzalavoro era del 10,1%. Ai primi posti nella classifica Spagna e Grecia, mentre più fortunati sono i lavoratori austriaci, olandesi, tedeschi e lussemburghesi.
Sempre drammatica la situazione giovanile in tutta l’Europa: le previsioni non sono rosee, disoccupazione ancora in aumento, per un totale di quasi 5 milioni e mezzo di persone under 25, prive di sbocco occupazionale e ciò vuol dire, in termini di mera realtà, che in Spagna e Grecia, oltre la metà dei giovani è senza lavoro.