Stando a quanto affermato dalla Banca centrale europea, con la crisi dell’eurozona si sarebbe allargato il gap tra l’economia tedesca e quella italiana sul fronte della possibilità di accesso al credito da parte delle imprese, e sul lato del costo dei finanziamenti che le società italiane riescono a contrarre, rispetto a quelle della vicina Germania.
In altri termini, a minacciare la stabilità finanziaria delle imprese nostrane è un ben altro spread rispetto a quello tra i titoli di Stato tricolori e gli equivalenti bund tedeschi. Uno spread che separa le capacità di avere accesso a finanziamenti a breve e medio lungo termine e, in secondo luogo, i costi di accesso ai capitali.
A confermare i dati fondamentali sopra solo accennati è un servizio formulato dal Financial Times Deutschland, pubblicato integralmente dallo Spiegel online, e ribaltato parzialmente anche sul territorio della Penisola da La Repubblica, secondo cui le imprese – specialmente quelle piccole e medie – sarebbero in grado di ottenere dei finanziamenti dalle banche italiane a tassi molto più alti di quelli che gli istituti di credito possono praticare a Berlino e dintorni.
Ma veniamo ai numeri: stando a quanto riportano le statistiche introdotte, per crediti fino a un milione di euro, da restituire all’interno di un piano di ammortamento compreso tra uno e 5 anni, le aziende spagnole devono pagare circa il 6,5%, quelle italiane il 6,24%, quelle tedesche solo il 4,04%.
Un differenziale di onerosità, quello segnalato, che non è sfuggito all’agenzia di rating Fitch, che ha sottolineato come tale frammentazione possa aggravarsi in un prossimo futuro, andando a demolire il principio “originale e costitutivo dell’Euro, cioè il principio che a una moneta unica corrispondono anche tassi unici”. A ben vedere, le difformità tra i tassi applicati in Germania e quelli applicati nel Sud del Continente, fa già trasparire l’esistenza di due sotto-Unioni.