Uno schiaffo alla spending review del governo arriva dalla Corte Costituzionale, che nella giornata di oggi ha sentenziato che i tagli agli stipendi oltre 90mila euro lordi dei manager pubblici e dei magistrati sono incostituzionali. Tutto da rifare, quindi, e bocciatura del decreto legge numero 78 del 2010 in quanto ritenuto discriminatorio.
Nella sua decisione, la suprema corte ha spiegato che illegittimo è l’articolo 9 nella sezione in cui dice che nel triennio che va dal primo gennaio 2011 al 31 dicembre 2012 “i trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, previsti dai rispettivi ordinamenti, delle amministrazioni pubbliche, siano ridotti del 5% per la parte eccedente il predetto importo fino a 150.000 euro, nonché del 10% per la parte eccedente 150.000 euro”.
Tutto come prima anche per i magistrati, visto che la corte ha “cassato” anche il comma 22 dello stesso articolo che prevedeva che non fossero dati “senza possibilità di recupero, gli acconti degli anni 2011, 2012 e 2013 ed il conguaglio del triennio 2010-2012”.
Secondo le motivazioni della Consulta, queste norme sono incostituzionali perché non prevedono una semplice riduzione del trattamento economico, ma introducono un prelievo tributario a carico dei soli dipendenti pubblici. In pratica: un prelievo a carico del dipendente pubblico stabilito “in via autoritativa” e destinato a migliorare i conti dello Stato.
“La normativa non può considerarsi una riduzione delle retribuzioni, come sostiene l’Avvocatura dello Stato, ma è un’imposta speciale prevista nei confronti dei soli pubblici dipendenti. E questa cosa vìola il principio della parità di prelievo a parità di presupposto d’imposta perché è ingiustificatamente limitato ai soli dipendenti pubblici”.