La commissione europea ha deferito l’Italia alla Corte di Giustizia della Ue per aver adottato misure sui licenziamenti collettivi non in linea con la legislazione comunitaria. La norma in oggetto riguarda i dirigenti, che sono stati esclusi dalle garanzie procedurali sull’informazione e sulla consultazione che invece sono previsti per gli altri dipendenti.
In base alle norme stabilite a Bruxelles, infatti, i datori di lavoro sono tenuti a effettuare consultazioni con i sindacati al preciso scopo di arrivare a un accordo sulle modalità di licenziamento e sulle eventuali forme di compensazione. Ma mentre le leggi comunitarie si riferivano a tutti i lavoratori, quelle nazionali escludevano i dirigenti, violando quindi la direttiva numero 98/59/Ce, recepita in Italia con la legge n. 223/1991.
Secondo la Commissione, “tale condotta può determinare un indebolimento ingiustificato della tutela di altre categorie di lavoratori sul posto di lavoro. In particolare, può rendere più difficile raggiungere la soglia di licenziamenti richiesta dalla legge per attivare la procedura di informazione e consultazione. Durante tali consultazioni, devono essere esaminate le possibilità di evitare i licenziamenti collettivi o di ridurre il numero di lavoratori interessati, nonché di attenuare le conseguenze dei tagli ricorrendo a misure sociali di accompagnamento volte in particolare a facilitare la riqualificazione e la riconversione dei lavoratori licenziati”.
Altro punto chiave della condotta della Ue è che la Commissione vuole sottolineare che la definizione di “lavoratori” non può essere lasciata alla discrezione degli Stati membri ma deve essere stablita in maniera univoca. Il responsabile del Segretariato Europa della Cgil, Fausto Durante, ha sottolineato che in altri Paesi del continente, a iniziare dalla Germania, dalla Svezia e dalla Danimarca, tale direttiva di Buxelles è stata già recepita nell’ordinamento nazionale.
La nota della Commissione termina rimarcando che la categoria dei dirigenti, in Italia, comprende non solo i manager di grado elevato “con notevoli poteri decisionali (tra cui la gestione del personale) ma anche i dirigenti di grado inferiore con un livello elevato di competenza professionale ma non esplicano il ruolo di datore di lavoro e non hanno un potere reale per gestire i mezzi di produzione all’interno dell’impresa”.