Il fisco di diversi paesi europei inizia a sollevarsi contro quelle grandi aziende americane che fanno affari in Europa ma pagano poche tasse. Dopo la Gran Bretagna, dove giganti come Google e Facebook dichiarano miliardi di dollari di fatturato ma pagano poce decine di milioni di imposte, è ora la volta di Francia e Germania sollevare delle forti perplessità.
Il trucco – che tuttavia è perfettamente legale – è molto semplice, come hanno spiegato diversi quotidiani di entrambe le sponde dell’Atlantico che si sono messi alla ricerca di numeri: le web company made in Usa fatturano le proprie transazioni sul mercato irlandese, dove l’aliquota del 12,5% fa gola a molti.
Con questo sistema, Google ha fatturato 4 miliardi in Gran Bretagna ma ha pagato solo 9,5 milioni in tasse, pari a un irrisorio 0,24%. Chi acquista pubblicità dal motore di ricerca di Larry Page e Sergey Brin, infatti, firma il contratto con società irlandesi aggirando l’ostacolo.
Ora è la Francia a riproporre all’attenzione questa annosa situazione, che vede nei big del web statunitensi gli attori più eclatanti dopo quanto successo con la compagnia aerea Ryanair, accusata di aggirare il fisco italiano applicando al personale contratti irlandesi. Intanto l’agenzia delle entrate di Parigi ha inviato ad Amazon una richiesta di versamento di 252 milioni di dollari che sarebbero stati elusi.
Il meccanismo è semplice: avendo la sua sede europea in Lussembrugo, utilizza una società di comodo di quel Paese per fatturare gli acquisti dei libri online. E anche in questo caso i dati sono notevoli: a fronte di un fatturato di 9,1 miliardi di euro, l’azienda di e-commerce ha pagato 8 milioni di euro di tasse.
Un altro caso spinoso è quello di Starbucks, che in Gran Bretagna continua a chiudere i bilanci in rosso utilizzando una strategia fiscale che comprende fatture fatte in Svizzera e in Olanda, dove le tasse sono inferiori.
La situazione è comunque da tempo al vaglio della Commissione europea, che sta mettendo a punto delle nuove norme incentrate su un concetto molto semplice: divieto di effettuare il pagamento delle tasse in Paesi diversi da quelli in cui è stato realizzato l’utile di gestione. Secondo un calcolo effettuato da Bruxelles, questa strategia elusiva ai limiti della liceità costerebbe agli Stati europei 50 miliardi di euro ogni anno.
Quanto sta mettendo in atto la Ue non è casuale, visto che arriva in un momento economico in cui i governi nazionali, fra cui l’Italia, stanno tassando le imprese a livelli ai limiti del sostenibile per far quadrare i conti.
Le risposte dei big a stelle e strisce non si sono fatti attendere con comunicati che sottoineano che nessuno evade un centesimo di tasse. La risposta del governo di Londra è stata chiarissima: “Nessuno vi accusa di fare pratiche illegali, ma di fare affari immorali“.