In Italia sono drammaticamente in aumento i licenziamenti dei manager, con una cifra record che nei primi 10 mesi del 2012 ha riguardato oltre 10mila persone. Una cifra pari a quella dell’intero 2011, che già non fu un anno d’oro per i dirigenti delle aziende private della Penisola.
Tutto questo avviene in un anno in cui il Paese è stato deferito dalla Commissione europea alla Corte di Giustizia della Ue per non aver adottato misure sui licenziamenti collettivi che non erano in linea con la legislazione comunitaria. Tale norma riguarda i dirigenti, che in Italia sono stati esclusi dalle garanzie procedurali sull’informazione e sulla consultazione che invece sono previsti per gli altri dipendenti di livello contrattuale inferiore.
Dal 2006 a oggi è stato un continuo crescendo rossiniano, che non riguarda solo la Penisola ma anche tutti i Paesi del mondo, con un turnover che ha preso un ritmo che secondo alcuni è troppo incalzante. Fatto sta che negli ultimi 6 anni sono stati più di 60mila i manager ai quali è stato dato il benservito e la cui scrivania non necessariamente è stata occupata da un’altra persona.
Del resto le ristrutturazioni aziendali che prevedono delle riduzioni allo staff colpiscono in prima battuta i dipendenti di livello più alto, meno tutelati dal punto di vista sindacale e licenziabili con modalità più “spicce”. Fra le note negative della Commissione europea c’è anche quella che sottolinea che la categoria dei dirigenti, in Italia, comprende non solo i manager di grado superiore “con notevoli poteri decisionali (tra cui la gestione del personale) ma anche i dirigenti di grado inferiore con un livello elevato di competenza professionale ma non esplicano il ruolo di datore di lavoro e non hanno un potere reale per gestire i mezzi di produzione all’interno dell’impresa“.
Nonostante ciò, nel Paese il numero di manager è ancora percentualmente inferiore a quello di Francia e Germania: se qui il rapporto è di 0,9 ogni 100 dipendenti, in Francia e in Germania raggiunge il 3%. E questi nuovi tagli hanno ridotto ulteriormente questo rapporto e hanno messo in mezzo a una strada diverse figure dirigenziali che faticano a ricollocarsi, nonostante il mercato del lavoro ne abbia bisogno.
Eppure, secondo un’indagine condotta da Crf Institute Leadership Development & Succession Management 2012, le figure manageriali vanno a ruba: la percentuale di aziende che prevede una futura mancanza di personale qualificato varia tra l’88% della Cina, il 54% del Brasile, e il 53% dell’Europa, dove le criticità maggiori colpiscono Germania (44%) e Svizzera (42%).
Sbocchi all’estero? Sembra l’unica soluzione percorribile, visto che in Italia le figure dirigenziali in uscita dalle aziende sono superiori a quelle che ci entrano, con un saldo negativo soprattutto per quanto riguarda le posizioni intermedie. Gli executive, invece, rimangono sostanzialmente stabili e i quadri sono invece in aumento, molti dei quali rappresentati da manager “espulsi” che rientrano nel mercato del lavoro accettando remunerazioni inferiori.