Sono in costante aumento in Italia i manager csr, ossia quelle figure dirigenziali che nelle aziende si occupano principalmente di coordinare e gestire le politiche ambientali e sociali di un’azienda. In altre parole: responsabilità sociale d’impresa, con un’associazione che ha in Fulvio Rossi di Terna il suo presidente nazionale.
Considerando solo le società quotate in Borsa, il numero di queste figure manageriali è esploso negli ultimi 5 anni passando da 90 a 373. Il numero è stato reso noto in seguito al primo censimento nazionale strutturato dei manager della sostenibilità, che ha interessato tutte le società presenti in listino a Piazza Affari.
Il censimento lo ha realizzato Csr manager network, l’associazione che riunisce i responsabili delle politiche di sostenibilità o csr (corporate social responsibility) delle maggiori imprese italiane promossa da Altis (Alta Scuola Impresa e Società dell’Università Cattolica di Milano) e Isvi (Istituto per i valori d’impresa).
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Facendone un profilo medio, si vede che prevalentemente sono di sesso femminile e hanno spesso una laurea, che fa sì che nel 45% dei casi siano inquadrati a livello dirigenziale, con stipendi medi sugli 80mila euro, ma che in un caso su 4 può toccare i 120mila.
Che queste figure professionali stiano andando per la maggiore lo sanno anche nel lontano Pakistan, dove un convegno organizzato a Islamabad con la collaborazione dell’Unione europea ha indicato che la Corporate social responibility può addirittura risolvere i conflitti in una comunità di individui. Durante una seduta è emerso che per il 35% dei presenti, la mancanza di opportunità di lavoro e di servizi sociali e sanitari, unita alla vita in un ambiente poco dinamico, sono alla base dei conflitti che in questi anni attanagliano il Paese asiatico.
Addirittura il presidente della Securities and Exchange Commission of Pakistan (SECP) – un soggetto pubblico che punta alla diffusione di una cultura manageriale e imprenditoriale – ha sottolineato che fattori come la Csr, la buona gestione aziendale e una propensione alla mediazione potrebbe migliorare l’intero Paese. “Quando il mondo economico inizia a investire in infrastrutture sociali, l’impatto sui cittadini è enorme” ha detto. “Per questo motivo la SECP ha creato delle linee guida che le aziende pubbliche dovranno seguire per perseguire una politica di responsabilità sociale di impresa“.
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Tornando all’Italia, il boom di queste figure manageriali arriva di pari passo con dei corsi di formazione presso alcune università. Fra queste l’Università Cattolica del Sacro Cuore, che ha organizzato dal 7 marzo al 14 giugno 2013 un corso per quei professionisti che, presso aziende, fondazioni d’impresa, società di consulenza, pubbliche amministrazioni o enti non profit, sono impegnati nella gestione di progetti di Csr e di sostenibilità. Saranno valutati degli esempi di strumenti e azioni come il bilancio di sostenibilità il cause related marketing, gli indicatori socio-ambientali, le certificazioni, le politiche di conciliazione lavoro e famiglia, l’attività di welfare, il risparmio energetico e la mobilità sostenibile.