Google di nuovo in tribunale per un video shock

di Floriana Giambarresi

12 Dicembre 2012 14:00

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Google torna in aula di tribunale per difendersi dalle accuse relative al video shock di un ragazzo autistico maltrattato dai compagni.

Google sta per tornare in tribunale a causa di una vicenda che ha visto tre dei suoi dirigenti condannati in primo grado perché ritenuti colpevoli della violazione delle norme sulla privacy per non aver impedito la pubblicazione, su Google Video, di un video shock in cui si vede un minore autistico maltrattato dai compagni di classe.

Il sostituto procuratore generale di Milano, Laura Bertolè Viale, ha chiesto la conferma della condanna a tutti e tre i dirigenti di Mountain View. A suo parere, “non solo è stata violata la privacy dei minori ma sono anche state date lezioni di crudeltà a 5.500 visitatori”. Il video, risalente al 2006, aveva infatti ottenuto nel giro di breve tempo un tristissimo successo.

Secondo il sostituto pg, “i dirigenti di Google hanno omesso il controllo per fare profitto” con tale video, mentre Giulia Bongiorno, avvocato di Google, ha sottolineato che “come è emerso chiaramente dalle indagini della polizia giudiziaria, non vi era alcun messaggio pubblciitario connesso a Google Video e pertanto Google non ha tratto alcun profitto da questo o altri video”.

La condanna in primo grado risale al febbraio del 2010, quando il Tribunale di Milano aveva condannato a sei mesi di reclusione David Drummond, ex presidente del consiglio di amministrazione e legale di Google Italia, George Reyes, ex membro del cda di Google Italy (adesso in pensione) e Peter Fleischer, responsabile policy sulla privacy per Google Europa. Arvind Desikan, responsabile di Google Video Europa, era stato invece assolto.

Per quanto riguarda il nuovo processo d’appello, Giorgia Abeltino, Policy Manager di Google  Italia ha dichiarato che “come abbiamo sempre detto, ci sentiamo vicini al ragazzo, vittima di un atto di bullismo in quel video riprovevole. I bulli, responsabili per la violazione della sua privacy, sono già stati puniti”. “Confidiamo che nel processo d’appello verrà dimostrata l’innocenza dei nostri colleghi”, ha concluso.